I principali biografi ritengono che la conversione di Ignazio sia caratterizzata da cinque tappe:
a) una battaglia persa che lo segna con una grave ferita esteriore ed interiore;
b) due letture apparentemente innocue che lo “seducono” verso un modo nuovo di spendere la vita;
c) la convinzione che chi segue Cristo lo deve fare in modo esclusivo;
d) cercare il modo proprio per imitare Cristo nella concretezza della sua storia;
e) accorgersi che la conversione non è un colpo di fulmine o la soluzione di un problema ma è l’inizio di una nuova responsabilità e di un lungo pellegrinare.
La volontà di cambiare vita per Ignazio inizia con segni esterni come quello di cambiare vestito e dare il suo denaro ai poveri.
Dalla sua terra parte povero, il denaro che ha lo dà per restaurare un’immagine di Maria e per saldare alcuni debiti, poi si congeda dai due servitori che lo accompagnano. Nel febbraio del 1522 passa da Aranzazu, un santuario vicino a Loyola in cui trascorre la notte in preghiera. In questa fase è ancora molto duro con se stesso, come penitenza per gli sbagli della vita passata si flagella ogni notte. Poi si dirige all’abbazia dei benedettini di Montserrat poco distante da Barcellona, in cui fa la confessione generale della sua vita. Alla vigilia della festa dell’Annunciazione, trascorre tutta la notte in preghiera in una “veglia d’armi” al termine della quale depone la sua spada e il pugnale all’altare della Madonna. Regala gli abiti di cavaliere ad un povero e si veste da pellegrino, acquista un tessuto molto ruvido che si usava per fare i sacchi e con quello si fa cucire una veste lunga fino ai piedi, poi prende un bastone da pellegrino e una borraccia.
L’esperienza gli fa capire che la carità si deve fare con intelligenza e prudenza, infatti, il povero a cui aveva regalato i vestiti aveva avuto dei guai perché si pensava li avesse rubati.
Nel frattempo la sua fama si diffonde tra la gente. Il 25 marzo 1522 da Montserrat va a Manresa, dove conduce per più di un anno una vita di preghiera e penitenza. Questo è il tempo della grande desolazione ma anche delle forti consolazioni. Viene tormentato dai pensieri della vita passata e dagli scrupoli per quella presente, si trascura nella salute e si aggrava malamente, arriva addirittura a pensare al suicidio.
Un giorno grida al cielo la supplica che ricorre sulle labbra dell’uomo biblico: “Aiutami, Signore, ché non trovo soccorso negli uomini né in nessuna creatura; che se fossi sicuro di poterlo trovare, nessuna fatica mi sembrerebbe grande. Mostrami tu, Signore, dove posso trovarlo; dovessi anche seguire le orme di un cagnolino per arrivare a questo rimedio, io lo farò”.
Ma in questo periodo Ignazio vive anche molte visioni mistiche. Si racconta che un giorno, mentre pregava seduto sui gradini della chiesa dei domenicani a un tratto “il suo intelletto cominciò a elevarsi come se vedesse la Santissima Trinità sotto forma di tre tasti d’organo e giù tante lacrime e tanti singhiozzi che non si poteva trattenere”.
In particolare nell’ottobre 1522 il Signore si comporta con Ignazio “come un maestro di scuola con un bambino”. Presso il fiume Cardoner “riceve una grande illuminazione”, da cui esce profondamente trasformato. Questa esperienza di Dio è “una illuminazione così grande che tutte le cose gli sembravano nuove”. Si tratta di “una grande luce nel suo intelletto” che gli permette di conoscere le realtà di fede e il cuore dell’uomo.
Tratto dal volume Il pellegrino fondatore della Compagnia di Gesù.