Approfondiamo qui una pagina che è un capolavoro di teologia: la crocifissione nel Vangelo di Luca mette in crisi le idee degli uomini su Dio. Sul Calvario la mia idea idolatrica di Dio che deve essere forte, vendicativo, vittorioso, prepotente ecc. va in crisi davanti al silenzio del Crocifisso. Tutti i personaggi gli dicono “Salva te stesso”, i capi del popolo, i soldati, il malfattore… sono le persone che rappresentano l’idea di salvezza che ha la religione, il potere politico e il nostro istinto di uomini. Le nostre proiezioni su di Lui davanti alla croce si spappolano tutte. Cosa rimane da credere di questa debolezza se tutto sembra rimasto come prima? In quale modo la croce di Cristo ha redento il mondo?
La thoeria della Croce
Ecco il testo del vangelo di Luca.
Lc. 23, 32-49. Ora erano condotti anche due altri malfattori con lui
per essere levati.
33 E quando giunsero sul luogo chiamato Cranio,
là crocifissero lui e i malfattori, l’uno a destra e l’altro a sinistra.
34 Ora Gesù diceva:
Padre,
rimetti loro, poiché non sanno cosa fanno.
Ora dividendosi le sue vesti, gettavano le sorti.
35 E stava il popolo a contemplarlo.
Ora storcevano il naso anche i capi
dicendo:
Altri salvò!
Salvi se stesso,
se costui è il Cristo di Dio, l’eletto!
36 Ora lo canzonavano
anche i soldati
accostandosi, offrendogli aceto
37 e dicendo:
Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso!
38 Ora c’era anche un’iscrizione su di lui.
Il re dei giudei, costui.
39 Ora uno dei malfattori appesi
lo bestemmiava dicendo: Non sei forse tu il Cristo?
Salva te stesso e noi.
40 Ora rispondendo quell’altro
sgridandolo disse:
Tu temi neppure Dio,
poiché sei nella stessa condanna?
41 E noi giustamente, poiché riceviamo il giusto
per quanto facemmo.
Ma costui non fece nulla fuori luogo.
42 E diceva:
Gesù, ricordati di me, quando sarai giunto nel tuo regno.
43 E gli disse:
Amen ti dico:
oggi con me sarai nel Paradiso.
44 Ed era già circa l’ora sesta e la tenebra fu sull’intera terra fino all’ora nona,
45 essendo mancato il sole.
Ora si squarciò il velo del tempio nel mezzo.
46 E, esclamando a gran voce,
Gesù disse: Padre, nelle tue mani affido il mio spirito.
Ora, detto questo, spirò.
47 Ora, visto l’avvenimento,
il centurione glorificò Dio, dicendo:
Davvero quest’uomo era giusto.
48 E tutte le folle presenti insieme
a questa visione (= theoria),
contemplati gli avvenimenti, colpendosi il petto, ritornavano.
49 Ora da lontano stavano tutti i suoi conoscenti,
e le donne che insieme lo seguivano dalla Galilea
a contemplare queste cose.
Nel brano tutti parlano, invece il Crocifisso a chi parla? Al malfattore e al centurione. Sono gli unici due che invece di interrogarlo e deriderlo si lasciano interrogare. Perché? Lo contemplano. È uno spettacolo (una teoria) senza veli, nudo sulla croce, per questo l’ultimo miracolo del vangelo è la restituzione della vista al cieco, perché lo possa vedere.
Questa pagina ci immerge nella contemplazione della croce, è il centro della rivelazione di Dio, la theoria della croce, direbbe Fausti “non vuole dimostrare nulla; solo mostra a tutti ciò che fa Dio per per presentare se stesso e salvare l’uomo”.
La contemplazione della croce ci purifica da tutte quelle idee malvagie di dio che rovinano e condizionano la vita: “Un Dio crocifisso ci salva innanzi tutto da dio. Dal dio tremendo che risponde alla violenza con la violenza, che ha a disposizione tutto e tutti, ma non è disponibile a niente e per nessuno, capace di salvare se stesso e dannare gli altri. Noi immaginiamo un dio che realizza le nostre brame di avere, di potere e di apparire: è la proiezione dei nostri desideri distruttivi. Se ci fosse, come affermano le persone religiose, un tale dio non sarebbe che il sommo male. Per questo va negato, come affermano gli atei. La croce invece mostra un Dio – l’unico vero Dio, del quale non c’è altra immagine adeguata, perché è per noi la più blasfema! – che si mette nelle mani di tutti e serve tutti in mitezza e umiltà, un Dio che dona tutto, anche la propria vita a noi che gliela togliamo!” (S. Fausti, L’idiozia, Ancora, p. 58).
E’ la croce che mi salva dalla mia immagine di Dio: “La croce sdemonizza Dio, togliendogli la maschera satanica, comune a chi lo prega e a chi lo bestemmia. Ci salva da un dio che non com-patisce il nostro male, o è indifferente, o ne è addirittura la causa prima. Ci salva da un dio sadico che ci ha gettati in un’esistenza breve, con la coscienza della morte, e in più, per torturarci meglio, con il desiderio di eternità – un dio che ci avrebbe fornito come unico motivo di vivere la paura di morire che ci fa sbagliare tutto e infine, con soddisfazione somma, ci infliggerebbe una punizione eterna per i nostri errori!” (p. 59).
Il potente e il prepotente sono la negazione della forza che esce dalla debolezza disarmante della croce; quelli che vivono per avere, apparire e servendo il potere sacrificano la loro esistenza e rendono stupida e vuota la loro esistenza. Chi è libero è Gesù che porta il potere di servire e dare la vita, di fare senza violentare, di amare senza possedere.
Davanti alla croce si converte anche la nostra idea di Re. Gli imperatori passano e si dimenticano, del re crocifisso invece continuiamo a parlarne, perché non sta in alto, ma in basso, non è sopra la testa, ma sotto i piedi, sta dalla parte di chi soffre, è nudo, è in croce come lui. Nessun Re aveva mai regnato così. Anzi insieme a lui, regna chi soffre e lo sente vicino. Mentre i potenti di questo mondo inquietano, la sua regalità ci pacifica, i primi condizionano la libertà, lui ti rende libero. Ma occorre scegliere.
Tutto questo, va detto, è uno scandalo: “Un Dio crocifisso, religiosamente immondo, politicamente irrilevante, è personalmente disperante! Non salva da nessun punto di vista! (p. 65). Invece “pretendere che Dio ci salvi dalla morte salvando se stesso, è una “bestemmia” contro di lui. Perché lui ci salva non “dalla” morte, bensì “nella” morte; e non salvando, bensì perdendo se stesso. Se lui non entrasse nella nostra morte, questa resterebbe per noi la minaccia suprema. Ma se lui è presente nella nostra morte, essa non è più separazione, bensì comunione con la sorgente della vita”
“La croce è la bestemmia di Dio che ci libera dalla nostra bestemmia su Dio: come sdemonizza lui, restituendogli il suo vero volto, così umanizza noi, ridandoci la nostra condizione filiale” (p. 67).
Dopo queste parole, che rimangono parole, è possibile fare un esercizio per la contemplazione della scena.
Dagli Esercizi spirituali
Sant’Ignazio negli Esercizi spirituali al n 297 (I MISTERI AVVENUTI SULLA CROCE Giovanni 19, 23-27) ci fa contemplare così:
“Primo punto. Sulla croce dice sette parole: prega per i suoi crocifissori; perdona il ladrone; affida san Giovanni a sua Madre e sua Madre a san Giovanni; dice ad alta voce: “Ho sete”, e gli danno fiele e aceto; dice che è abbandonato; dice: “Tutto è compiuto”; dice: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”.
Secondo punto. Il sole si oscura, le pietre si spezzano, le tombe si spalancano, il velo del tempio si divide in due parti dall’alto in basso.
Terzo punto. Lo bestemmiano dicendo: “Tu che distruggi il tempio di Dio, scendi dalla croce”; le sue vesti sono divise, il suo costato viene ferito con la lancia, e ne esce acqua e sangue”.
Poi aggiunge al n. 298 I MISTERI AVVENUTI DALLA CROCE AL SEPOLCRO INCLUSO (Giovanni 19, 38-42):
“Primo punto. Viene deposto dalla croce da Giuseppe e da Nicodemo alla presenza della sua Madre addolorata.
Secondo punto. Il corpo è portato al sepolcro; viene unto e sepolto.
Terzo punto. Vengono poste le guardie”.
Quest’anno la via crucis del Venerdì santo a Roma è stata scritta da alcuni ragazzi romani. Ecco una piccola parte delle loro riflessioni, servono per far riflettere anche noi.
I stazione – Gesù è condannato a morte
“Ti vedo, Gesù, di fronte al Governatore, che per tre volte tenta di contrastare la volontà del popolo e infine sceglie di non scegliere, di fronte alla folla, che per tre volte viene interrogata e sempre decide contro di te. La folla, cioè tutti, cioè nessuno. Nascosto nella massa l’uomo smarrisce la propria personalità, è la voce di altre mille voci. Prima di rinnegare te, rinnega se stesso, disperdendo la propria responsabilità in quella fluttuante della moltitudine senza volto. Eppure è responsabile. Sviato dai sobillatori, dal Male che si propaga con voce subdola e assordante, è l’uomo a condannarti. Oggi noi inorridiamo di fronte a una tale ingiustizia, e vorremmo prenderne distanza. Ma così facendo dimentichiamo tutte le volte in cui noi per primi abbiamo scelto di salvare Barabba anziché te. Quando il nostro orecchio è stato sordo alla chiamata del Bene, quando abbiamo preferito non vedere l’ingiustizia davanti a noi. In quella piazza gremita, sarebbe stato sufficiente che un solo cuore dubitasse, che una sola voce si alzasse contro le mille voci del Male. Ogni volta che la vita ci porrà davanti a una scelta, ricordiamoci di quella piazza e di quell’errore. Concediamo ai nostri cuori di dubitare e imponiamo alla nostra voce di levarsi” (redatta Valerio De Felice).
II stazione – Gesù è caricato della croce
Ti vedo, Gesù, coronato di spine, mentre accogli la tua croce. La accogli, come sempre hai accolto tutto e tutti. Ti caricano del legno, pesante, ruvido, ma tu non ti ribelli, non butti via quello strumento di tortura ingiusto e ignobile. Lo prendi su di te e cominci a camminare portandolo sulle spalle. Quante volte mi sono ribellata e arrabbiata contro gli incarichi che ho ricevuto, che ho avvertito come pesanti o ingiusti. Tu non fai così. Sei solo di qualche anno più grande di me, oggi si direbbe che sei ancora giovane, ma sei docile, e prendi sul serio quello che la vita ti offre, ogni occasione che ti si presenta, come se volessi andare fino in fondo alle cose e scoprire che c’è sempre qualcosa di più di quello che appare, un significato nascosto e sorprendente. Grazie a te comprendo che questa è croce di salvezza e di liberazione, croce di sostegno nell’inciampo, giogo leggero, fardello che non grava. Dallo scandalo della morte del Figlio di Dio, morte da peccatore, morte da malfattore, nasce la grazia di riscoprire nel dolore la resurrezione, nella sofferenza la tua gloria, nell’angoscia la tua salvezza. La stessa croce, simbolo per l’uomo di umiliazione e dolore, si rivela ora, per grazia del tuo sacrificio, come una promessa: da ogni morte risorgerà la vita e in ogni buio risplenderà la luce. E possiamo esclamare: “Ave o croce, unica speranza!”. (Maria Tagliaferri e Margherita Di Marco)
XII stazione – Gesù muore in croce
“Ti vedo, Gesù, e questa volta non ti vorrei vedere. Stai morendo. Eri bello da guardare quando parlavi alle folle, ma ora tutto è finito. E io non voglio vedere la fine; troppe volte ho girato lo sguardo dall’altra parte, mi sono quasi abituato a fuggire il dolore e la morte, mi sono anestetizzato. Il tuo grido sulla croce è forte, straziante: non eravamo pronti a tanto tormento, non lo siamo, non lo saremo mai. Fuggiamo d’istinto, in preda al panico, di fronte alla morte e alla sofferenza, le rifiutiamo, preferiamo guardare altrove o chiudere gli occhi. Invece tu resti lì in croce, ci aspetti a braccia aperte, aprendoci gli occhi. È un mistero grande, Gesù: ci ami morendo, essendo abbandonato, donando il tuo spirito, compiendo la volontà del Padre, ritirandoti. Tu resti in croce, e basta. Non provi a spiegare il mistero della morte, del consumarsi di tutte le cose, fai di più: lo attraversi con tutto il tuo corpo e il tuo spirito. Un mistero grande, che continua ad interrogarci e ad inquietarci; ci sfida, ci invita ad aprire gli occhi, a saper vedere il tuo amore anche nella morte, anzi a partire proprio dalla morte. È lì che ci hai amati: nella nostra più vera condizione, ineliminabile e inevitabile. È lì che cogliamo, seppure ancora in modo imperfetto, la tua presenza viva, autentica. Di questo, sempre, avremo sete: della tua vicinanza, del tuo essere Dio con noi”. (Dante Monda)
La via crucis completa: leggi
Si dice giustamente che se non si fa esperienza di un amore più grande della morte, non siamo mai liberi di amare da uomini liberi.
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