La croce è l’immagine più pura e più alta che Dio ha dato di sé stesso: «Per sapere chi sia Dio devo solo inginocchiarmi ai piedi della Croce» (Karl Rahner).
«Ciò che ci fa credere è la croce, ma ciò in cui crediamo è la vittoria della croce, la vittoria della vita» (Pascal).
Come diventare discepoli del crocifisso?
La prima contemplazione:
Mc. 12,38 E nel suo insegnamento diceva:
Guardatevi dagli scribi, che amano andare in giro in lunghe vesti,
39 e saluti sulle piazze, e primi posti nelle sinagoghe,
e i primi divani nei banchetti,
40 i quali divorano le case delle vedove,
e per ostentazione pregano a lungo.
Costoro si prenderanno più grave condanna.
41 E, seduto davanti al gazofilacio,
osservava come la folla getta monete nel gazofilacio;
e molti ricchi gettavano molto.
42 E, venendo, sola una vedova povera
gettò due spiccioli, che fanno un quadrante.
43 E, chiamati innanzi i suoi discepoli,
disse loro: Amen vi dico: Questa povera vedova ha gettato più di tutti
quelli che gettano nel gazofilacio.
44 Infatti tutti gettarono dal loro superfluo.
Ma costei, dalla sua miseria,
gettò tutto quanto aveva,
tutta intera la sua vita.
Commento al brano
Questo brano ci insegna a diventare discepoli. Ecco la password: Ma costei, dalla sua miseria, gettò tutto quanto aveva, tutta intera la sua vita. (Mc 12, 38).
E quel tutto era un obolo, non valeva nulla, ma per quella donna era tutto quello che poteva, anzi che era.
La povera vedova, infatti, sola e inosservata, povera e umile, “getta” tutta la sua vita: è come Gesù, anzi anticipa il suo gesto.
La seconda parte è un contrappunto della prima: bisogna guardarsi dagli scribi, i falsi maestri che tanto amiamo, e guardare alla vedova, vero maestro che preferiamo ignorare.
La dimensione di guardare per vedere ciò che è invisibile agli occhi.
I primi hanno il culto della propria immagine: amano con tutto il cuore se stessi, e si servono di tutto e di tutti, anche del Signore e della sua parola per primeggiare.
Il protagonismo l¡ acceca e li rende soli, ma soprattutto separano la loro fede dalla costruzione della giustizia.
Tutto questo davanti al gazofilacio. È il tesoro del tempio, che sarà distrutto. Aveva tredici casse, in cui si mettevano i tributi e le offerte. Un sacerdote controllava la validità della moneta e ne dichiarava ad alta voce l’entità. Un quadrante era una moneta di circa 3 gr. di bronzo, un valore irrisorio.
“In quel luogo, dove il denaro è proclamato, benedetto, invidiato, esibito, Gesù osserva invece le persone, e nota tra la folla una vedova, povera e sola: non ha più nessuno, non è più di nessuno, e perciò è di Dio” osserva Gronchi.
Nel v. 43 si dice “chiamati innanzi i discepoli” per osservare ciò che neanche hanno visto, e che comunque ritengono di poco conto. Il discepolo è rappresentato da questa donna, che agisce come il suo Signore, facendo per lui quanto lui farà per lei (cf 14,3-9).
“Nel tempio Gesù osservava come la folla vi gettava monete: osservava il «come», non il «quanto» la gente offriva”.
Il motivo vero e ultimo per cui Gesù esalta il gesto della donna è nelle parole «Tutti hanno gettato parte del superfluo, lei ha gettato tutto quello che aveva, tutto ciò che aveva per vivere»: la totalità del dono. Anche Lui darà tutto, tutta la sua vita. Questa capacità di dare, anche quando pensi di non possedere nulla, nasconde in sé la logica divina. Tutto ciò che riusciamo a fare con tutto il cuore ci avvicina all’assoluto di Dio. Per la Chiesa questa capacità di dare la rende ecclesia. Donare del superfluo non è ancora amare, anzi a volte è rivendicare un’attenzione, al contrario c’è la logica del dono che attrae anche l’attenzione di Gesù.
Le tappe della vita del discepolo
Tutti possono diventare discepoli. Nella vita di Ignazio di Loyola e in quella di mille altri uomini e donne di Dio, è nascosto qualcosa che tocca anche la nostra vita. I principali biografi ritengono che il discepolato di Ignazio sia caratterizzata da cinque tappe:
a) una battaglia persa che lo segna con una grave ferita esteriore ed interiore;
b) due letture apparentemente innocue che lo “seducono” verso un modo nuovo di spendere la vita;
c) la convinzione che chi segue Cristo lo deve fare in modo esclusivo: è un Amore solo che nutre tutti gli altri;
d) cercare il modo proprio per imitare Cristo nella concretezza della sua storia: il ritorno agli studi fino a mettersi a disposizione della Chiesa universale.
e) accorgersi che la conversione non è un colpo di fulmine o la soluzione di un problema ma è l’inizio di una nuova responsabilità e di un lungo pellegrinare.
I tre scalini dell’umiltà del discepolo.
Nella vita spirituale ci sono tre gradini che ci fanno “sprofondare” nel non-senso. Vivere per
1. la ricchezza, dove contano le cose e non la relazione.
2. vano (vuoto) onore: quello che ti lascia solo e si basa sull’apparire.
3. La superbia: la superbia è una esagerata stima di sé e dei propri meriti (reali o presunti), che viene dalla consapevolezza (o illusione) della propria grandezza interiore.
Altri tre gradini invece ci elevano verso un senso umano profondo e pieno di armonia:
1. la povertà opposta alla ricchezza.
2. l’umiliazione e il disprezzo opposti al vano onore del mondo.
3. l’umiltà opposta alla superbia.
Queste tre condizioni di libertà ci aiutano a tenere uno sguardo limpido per la contemplazione della croce.
“La croce è l’enigma con cui Dio risponde all’enigma dell’uomo. Un Dio crocifisso non corrisponde a nessuna concezione religiosa o atea. E’ una rappresentazione oscena, fuori della scena del nostro immaginario: è la distanza infinita che Dio ha posto tra sé e l’idolo” (Silvano Fausti).