Le aree interne, il cuore del Paese Italia

Piccole Italie. Le aree interne e la questione territoriale. Sono punti su cui riflettere ancora insieme, ma in sintesi sono le idee che ho sviluppato dall’invito alla Camera dei deputati dell’on Enrico Borghi, alla presenza dell’on. Boschi, Realacci, Bobba, Rosato e alla Presidente della Regione Umbria, Marini.
 
1. Sono 5585 i piccoli comuni italiani sotto i 5.000 abitanti, rappresentano il 70% dei 7998 comuni italiani. Le aree interne in cui vivono 10 milioni di italiani custodiscono memoria, cultura, differenze e conservano la dimensione positiva delle comunità in cui lo spirito cooperativistico prevale su quello competitivo… almeno per la necessità di collaborare, se non per virtù. Inoltre i valori relazioni, la mancanza di traffico, la qualità dell’aria ecc. fanno la qualità della vita.
 
2. L’ermeneutica del territorio “ribalta” e mette in crisi le politiche centraliste. Può essere questa la nuova chiave interpretativa per fare ripartire le politiche. Non più calarne dall’alto, ma fare sintesi di quanto si ascolta dal basso. Si avvia così un processo di autonomia morale per una politica efficace e viva.
 
3. Negli anni Novanta del secolo scorso, andava di moda la parola glocal-local… dove il globale acquista senso a partire da un locale vocato alla vita e all’accoglienza che è il contrario delle sterilità. Per questo l’immersione di gruppetti di immigrati possono essere integrati secondo un modello di integrazione territoriale.
 
4. Per ricollocare i territori al centro della cultura e dell’agire dell’Ordinamento bisogna chiedersi: quale governance? Le politiche di Vannoni e di Fanfani hanno portato a una economia diffusa… poi il periodo post-fordista ha creato le condizioni per una cementificazione che non ha integrato ambiente e sviluppo umano… Intenzione buone ma gestite secondo un campanilismo che va riconvertito. E ancora: quale economia dei servizi – scuole, sanità, industrie statali – richiede un modello di sviluppo umano integrale ancora incompiuto? In un piccolo centro basta privarlo della presenza del medico generico che significa lasciare sole le persone che abitano.
 
5. Un altro tema è il rapporto tra i contenuti dell’art. 5 della Costituzione (e il fondamento dell’intenzionalità dei costituenti che lo hanno pensato) con lo spirito e i contenuti della riforma del Titolo V della Costituzione che ha rimodellato il significato. L’Italia è come un puzzle, ogni tassello ha un valore, se lo si perde l’intera opera viene mortificata e perde di valore. Le politiche dei territori andrebbero ripensate in base a tre principi fondamentali: di unità, di autonomia, di decentramento. Ne aggiungo un quarto caro alla tradizione della dottrina sociale della Chiesa: il principio di sussidiarietà. Va dunque promossa a livello culturale una nuova ecologia culturale, il Paese è la sua periferia.
Quella dell’identità positività dei territori che diventa propulsiva per l’intero Paese include sviluppo del turismo, valorizzazione del patrimonio culturale, la green economy, lo sviluppo sostenibile.
La Val di Susa o l’area di Taranto dicono quale sono le priorità e il rapporto ambiente, lavoro e qualità della vita.
Il discorso ci riporta all’Italia centrale e ai piccoli borghi devastati dal terremoto che non si tratta di ricostruire ma di ripensare in una politica di inter-dipendenza con servizi e sicurezza.
6. Occorre un miglior coordinamento tra Governo, Regioni e Comuni… Le Istituzioni più deboli tra le tre sono le Regioni, è l’effetto clessidra che rinchiude e soffoca. La politica poi deve ripensare come valore il diretto del deputato col proprio territorio in cui era eletto… Si è perso da anni. Altrimenti lo Stato sarà visto e considerato quello che impone dall’alto scelte che devono essere rispettate. Con ragione Enrico Borghi richiama un trittico come soluzione: reagire alla cultura antipolitica (p. 165), investire nella formazione alla politica, ricostruire l’interesse generale come prodotto degli interessi generali.
Insomma, non un Partito della Nazione ma un partito del “Paese Italia”.
7. “Perché la tradizione non è culto delle ceneri, ma custodia del fuoco” ricorda Realacci citando Mahler. E’ così che il dibattito pubblico è chiamato a riflettere su tre macro-termini: cultura del territorio; Innovazione territoriale; coesione sociale. Le periferia infatti hanno un valore teleologico e teologico in questo Pontificato: ci permettono di capire il centro. E se il centro è la mente del sistema, i territori rimangono il nostro cuore. E sarà dagli “affetti” che si argineranno la povertà crescente, l’invecchiamento e lo spopolamento dei tanti piccoli comuni italiani.
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