Il 2 maggio 1930 nasceva a Teramo Marco Pannella. In pochi lo hanno ricordato. Ed è un peccato non averlo fatto per quello che ha rappresentato per la democrazia italiana. Rispetto ai tempi (politici) che ha vissuto sembrano passati anni luce. Io non l’ho amato, ma come molti, l’ho sempre rispettato e ascoltato. Ai suoi ha confidato: «I cristiani sono quelli che ci hanno dato di più, perché sono quelli che credono in qualcosa». Ecco un mio ricordo.
Un’anticlericalità anomala
Pannella ha rappresentato l’anticlericalismo italiano del Novecento, quello dello scontro sui temi dell’aborto, del divorzio, dell’eutanasia, delle questioni di genere e del dialogo con molti credenti. Senza riuscirci, ha cercato di sacralizzare la politica attraverso gesti eclatanti, annunci di speranza, la voce data a persone come Luca Coscioni, malato di sclerosi laterale amiotrofica, che ha candidato nel 2001. Non ha però mai avuto un suo popolo, l’opinione pubblica lo ha abbracciato e lasciato a seconda delle stagioni e dei temi, mentre lo ha seguito una élite da lui direttamente selezionata.
Quasi per contrasto, quando si ammala dice: «vado [in clinica] dalle mie suorine», le Mercedarie di via Tagliamento a Roma. Conserva anche una foto scattata nel 1986, che lo ritrae con Giovanni Paolo II, del quale ha detto, appena dopo la proclamazione: «Dio ce l’ha dato, guai a chi ce lo tocca». Ha guardato ai Papi con rispetto. Nel 2000, in occasione del Giubileo, dice del Pontefice: «Io non sono d’accordo quasi su nulla, ma posso anche dire che sull’essenziale quest’uomo è amore, più ancora che avere amore. Posso augurargli, meglio, posso augurarti, grande buon Papa Karol, di essere sempre più parola contro le parole, di essere sempre più speranza contro la speranza che manca. E posso augurarti sempre più di essere profezia e sempre meno anatema, anche involontario».
Il 25 aprile 2014, durante uno sciopero della sete, Papa Francesco lo chiama al telefono e lo commuove. Il 22 aprile, poco prima di spegnersi, Pannella gli scrive: «Caro Papa Francesco, ti scrivo dalla mia stanza all’ultimo piano, vicino al cielo, per dirti che in realtà ti stavo vicino a Lesbo quando abbracciavi la carne martoriata di quelle donne, di quei bambini, e di quegli uomini che nessuno vuole accogliere in Europa. Questo è il Vangelo che io amo e che voglio continuare a vivere accanto agli ultimi, quelli che tutti scartano». Sono le prime righe non di una mail, ma di una lettera scritta a mano, con i saluti in maiuscolo: «Ti voglio bene davvero, tuo Marco».
Le tappe significative della sua vita
Per Pannella la testimonianza pubblica si nutriva dell’educazione ricevuta nella vita privata. Di sé lascia scritto: «Sono nato nel segno del Toro, a Teramo, in Abruzzo. Mi chiamo Giacinto Marco, Giacinto come un mio zio sacerdote, un personaggio abbastanza insolito, in quella che era la tipica famiglia agraria meridionale. Quando mio padre tornò a casa con la moglie Francesca (nata in Svizzera), una donna che non parlava altro che la propria lingua e aveva i capelli corti in un paese dove tutte le donne li avevano ancora raccolti a crocchia sulla nuca, e indossavano vesti nere lunghe fino ai piedi, lui capì che doveva aiutare la giovane coppia piombata in un mondo diverso e difficile: così scorporò la parte di proprietà che spettava a mio padre, e gli dette qualche possibilità. E potrebbe anche darsi che io non abbia animosità anticlericali perché la persona migliore della mia famiglia era questo clericale»[1]. La presenza di questo «insolito» zio ha portato Marco Pannella a essere un avversario leale davanti all’esperienza dei cattolici sia liberali sia democratici.
La parabola di vita di Pannella è segnata da una serie di tappe progressive. Nasce il 2 maggio 1930 a Teramo, a soli 15 anni si iscrive al partito liberale italiano mentre studia al liceo Giulio Cesare di Roma. Nel 1952 diventa il presidente dell’Unione Goliardica italiana e nel 1955 si laurea in giurisprudenza a Urbino con il minimo dei voti. Pannella non si limita a fare politica, ma da adolescente scopre di appartenere alla politica e di essere un politico. Nel 1955, quando la sinistra liberale che ruotava intorno a Mario Pannunzio esce dal Pli di Malagodi, fonda il Partito radicale dei liberali e dei democratici insieme a Eugenio Scalfari, Leo Valiani e altri. Ma le radici culturali della sua appartenenza politica risalgono al pensiero di fine Ottocento di Cavallotti, un borghese anarchico esponente della sinistra liberale che nel 1890 teorizzava già il voto alle donne, l’istruzione obbligatoria, il divorzio e il referendum.
Tra il 1959 e 1963 diventa il corrispondente a Parigi per Il Giorno, il quotidiano milanese fondato da Enrico Mattei. È nella capitale francese che tesse i primi legami con ambienti politici della contestazione del tempo: «Frequentavo — scrive Pannella — gli ambienti del Cln algerino, avevo e facevo pubblicare notizie proibite in Francia, cosicché una volta il Giorno venne perfino sequestrato a Parigi»[2]. Il 12 maggio 1967 diventa segretario del partito «I radicali per l’alternativa laica», il cui statuto è simile a quello dei partiti britannici: il segretario si elegge per votazione diretta, la struttura è federativa, è obbligatoria la pubblicità dei bilanci e dei finanziamenti. Ma è in una mozione di quel Congresso che si concentra in potenza quella che diventerà negli anni l’azione della politica di Pannella. La mozione prevede di «sostenere nel Paese il superamento del nazionalismo, l’anticlericalismo, l’antimilitarismo, la lotta per i diritti civili».
Nel 1968 viene arrestato a Sofia per aver distribuito volantini contro l’occupazione della Cecoslovacchia. Nel 1970 concorre a far approvare la legge sul divorzio, confermata dal referendum sul divorzio del 13 maggio 1974. Nel dicembre 1972 digiuna per 39 giorni per legalizzare l’obiezione di coscienza al servizio militare.
Sono gli anni in cui i grandi gesti contano più delle parole: si imbavaglia in televisione, presidia le piazze indossando grandi cartelloni di denuncia al sistema, fino a farsi arrestare nell’agosto 1995 per aver distribuito marijuana al mercato di Porta Portese di Roma. Nei suoi comportamenti non risparmia forme di esibizionismo come bere la propria urina durante gli scioperi della fama e della sete.
Nel 1974, dopo 70 giorni di digiuno, Pasolini prende pubblicamente le sue difese e chiede di «aprire un dibattito» sul caso Pannella.
Pannella nelle istituzioni politiche
Il 21 giugno 1976 i radicali partecipano alle elezioni politiche ottenendo circa 400.000 voti ed eleggono Marco Pannella, Emma Bonino, Adele Faccio e Mauro Mellini.
Sono gli anni in cui Pannella attacca duramente alcuni esponenti del Governo. Tuttavia, non si limita ad un’azione all’interno delle istituzioni ma utilizza lo strumento dei referendum, a volte abusato nella sua funzione, per avvalersi degli strumenti di democrazia diretta riconosciuti dalla Costituzione.
Il Partito Radicale di Pannella non supera mai la soglia del 4% degli elettori, e attraverso i referendum ottiene molti consensi insieme a grandi sconfitte. L’11 giugno 1978 perde il referendum sull’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti e sull’abolizione della legge Reale, ma sul piano della visibilità politica riesce a candidare Leonardo Sciascia, il 3 giugno 1979.
Dalle colonne di Avvenire si legge: «Pannella era liberale, liberista, libertario, libertino, però non dimenticava mai di definirsi anche socialista, chiamava “compagni” i suoi e aveva ottenuto da François Mitterand di usare come emblema la rosa nel pugno del Psf fin dal 1971 (quando Bettino Craxi ridisegnò il simbolo del Psi, nel 1978, dovette perciò accontentarsi di un garofano)»[3].
Nel giugno 1983 Pannella compie un altro gesto discutibile: invita gli elettori a non partecipare al voto e, gradualmente, la sua attenzione politica si sposta verso l’Europa. Nel febbraio 1984 è scelto come Vicepresidente della Commissione per gli affari costituzionali mentre nel giugno dello stesso anno il suo partito conquista tre seggi europei. Nelle file dei radicali vengono eletti Marco Pannella, Emma Bonino e Enzo Tortora. Il leader radicale è tra i pochi politici a difendere il noto conduttore televisivo accusato di associazione mafiosa. Sposa le parole di Enzo Biagi pubblicate dal Corriere della Sera: «E se fosse innocente? Fino all’ultima sentenza per la nostra Costituzione, stiamo parlando di un innocente. Invece in ogni caso, è già condannato: dalle riprese televisive, dai titoli di giornali, dalle vignette del pappagallo che finalmente parla e dice Portolongone, dal commento senza carità dello scrittore che dice, comunque vada è finito per sempre». Quando il Parlamento europeo nega l’autorizzazione a procedere alla magistratura italiana, Tortora decide di dimettersi da parlamentare per farsi processare ma non dimenticherà, quando la magistratura lo proscioglie, di ricordare il modo in cui Pannella lo aveva aiutato.
Nel giugno del 1985 i radicali presentano liste verdi col simbolo danese del «Sole che ride» e nel novembre 1987 Pannella porta gli italiani a votare su cinque referendum: quello sulla responsabilità civile dei magistrati (in seguito al caso Tortora), quello sull’abolizione della Commissione Inquirente e tre referendum contro le centrali nucleari. Sono questi i referendum del successo che raggiungono circa l’80% dei voti a favore dei quesiti. È anche l’anno in cui Pannella fa eleggere la pornostar Ilona Staller nelle liste dei radicali.
Pannella previene la crisi che travolgerà la forma dei partiti tradizionali attraverso la nascita del partito radicale transnazionale (il 6 gennaio 1988), che su temi specifici si apre ai partiti nazionali senza partecipare alle elezioni politiche. Tra gli iscritti più illustri c’è il sindaco di Sarajevo, Muhamed Kresenljakovic, che Pannella porta in Italia durante i bombardamenti sulla capitale serba.
Nella campagna elettorale delle politiche del 1992, il fiuto politico porta Pannella a lanciare la candidatura di Oscar Luigi Scalfaro alla presidenza della Repubblica. Dopo la strage di Capaci sarà lui a riproporre ai leader politici il nome di Scalfaro, che verrà eletto dal Parlamento il 25 maggio 1992.
La stagione referendaria dei Radicali negli anni Novanta punta a cambiare la legge elettorale per introdurre quella anglosassone, maggioritaria, uninominale e a un turno. Secondo Pannella, insieme al Comitato di Segni, la quota «proporzionale» reggeva il sistema partitico e le formule dei governi di coalizione della prima Repubblica. Pannella aggiunge altri tre referendum per abrogare il finanziamento pubblico dei partiti, le norme della legge sulla droga e l’affidamento alle Usl dei controlli ambientali. Il 18 e il 19 aprile 1993 i quesiti referendari saranno approvati con un’affluenza del 77%[4].
Nel giugno 1994 Pannella fa una scelta di campo: i radicali vengono appoggiati da Silvio Berlusconi; nonostante non superino la soglia del 4%, Emma Bonino viene eletta Commissario europeo dal governo di centro-destra. La scelta spiazza il suo elettorato tradizionale, che viene riconquistato nel luglio 1997, quando in piazza Pannella restituisce ai cittadini una serie di banconote da 10.000 lire, denaro ricevuto dalla sua lista come rimborso delle spese elettorali. Contesta, così, l’introduzione di un nuovo finanziamento pubblico ai partiti.
Diventa l’incubo dei giornalisti che devono ospitarlo nei loro spazi di informazione: in una trasmissione in diretta della Rai si traveste da «fantasma della democrazia e della legalità», in un’altra rimane muto e bendato per 10 minuti.
Il 7 giugno 1999 la lista Bonino ottiene l’8,5 dei voti e si attesta come la quarta forza del Paese. Durante la campagna elettorale, Pannella propone di eleggere Emma Bonino al Quirinale[5].
Nel 2008 un’altra svolta: i radicali si candidano con il Pd, Pannella rimane fuori lista per una regola interna al partito di sinistra che limita le candidature. È questo il tempo della battaglia sulla giustizia: l’abuso del carcere preventivo, la riforma della magistratura, l’introduzione della responsabilità civile dei magistrati e della separazione delle carriere, il rientro nelle funzioni proprie dei magistrati fuori ruolo e l’abolizione dell’ergastolo.
Rimangono sull’orizzonte le sue tre rivoluzioni non violente, spiegate da Francesco Rutelli sulle pagine del Corriere della Sera: quella dei diritti civili, la rivoluzione non violenta, quella transnazionale[6].
Così si è spento, ormai anziano, Marco Pannella. Salutato al suo spirare da Radio Radicale con le note del Requiem di Mozart, prima di interrompere la programmazione, il microfono aperto sulle voci degli ascoltatori.
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[1] www.radioradicale.it/410/index.html È del sito di Radio Radicale che ci siamo avvalsi per ricostruire le tappe di vita e politiche vissute da Marco Pannella.
[2] https://www.radioradicale.it/410/index.html
[3] D. Paolini, «Il principe delle contraddizioni. Tante battaglie, sbagliate e no», in Avvenire, 20 maggio 2016, 11.
[4] Con l’abrogazione della legge elettorale del Senato si introduce il sistema maggioritario, ma il «Mattarellum» — la legge elettorale della Camera approvata dal Parlamento pochi mesi dopo il voto — viene pesantemente criticato da Pannella: «il mantenimento del 25% di quota proporzionale, il meccanismo dello scorporo che obbliga ciascun candidato dei collegi uninominali a collegarsi con liste di partito, i contrassegni partitici che riempiono le schede elettorali, gli elettori spinti a votare più per i simboli che per le persone, vanificano lo scopo del referendum».
[5] Emma Bonino lo ricorda così: «Era un grande anche nelle sue debolezze. Molti riconosceranno in lui il senso dello spettacolo, lo sberleffo: Marco non era così, era molto più profondo, come nel suo modo di usare il corpo. Ci sono molte cose da scovare nella società».
[6] F. Rutelli, «Le tre rivoluzioni non violente», in Corriere della Sera, 20 maggio 2016, 12.
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