Il volume di Federico Badaloni, Architettura della Comunicazione. Progettare i nuovi ecosistemi dell’informazione, è un volume importante! Perché? Approfondendo il nuovo ecosistema dell’informazione ci permette di capire come la rete connetta le persone e gli oggetti del nostro mondo per dialogare.
Ma Badaloni parte da una premessa: l’informazione va ormai pensata oltre il video, l’audio e la carta; nell’era della permeabilità e dell’interconnessione, ogni superficie è sempre più — almeno in potenza — uno schermo su cui vedere ed essere visti, leggere ed essere letti, ascoltare ed essere ascoltati. Gli schermi sono oggi luoghi di relazione, solo in parte utilizzati per una fruizione passiva di contenuti.
A partire da qui si aprono alcune domande: come viene prodotta, distribuita e trovata l’informazione? Quali sono le condizioni per poterci fidare di una notizia? In quale modo nasce la fiducia in rete? Quali sono i comportamenti più diffusi delle persone connesse? Cosa facciamo per esprimere e costruire significato e senso nell’ambiente digitale? Infine, è possibile rendere un mondo migliore costruendo nuove architetture di comunicazione?
Antropologia e fiducia nella Rete
Nella prima parte il volume descrive il passaggio (culturale) che ha subito l’informazione: da una architettura di comunicazione lineare, come quella di un giornale, si è passati all’architettura di forma reticolare che caratterizza un sito.
In rete il tempo e lo spazio assumono un nuovo significato antropologico, la metafora del cammino lineare con le sue certezze lascia spazio agli imprevisti della navigazione nel mare della Rete. Quando si vive in un ambiente dove è consentito un singolo percorso fra le informazioni, come per esempio la struttura di un Tg o la prima pagina di un quotidiano, si è costretti ad accogliere un percorso lineare di informazione. In un ambiente dove i percorsi possibili sono infiniti, poiché viviamo in un’architettura che chiamiamo «rete», è necessario fare i conti non soltanto con le opportunità pensate dai progettisti degli ambienti ma anche con la capacità di scegliere. Anche in Rete è l’arte del discernimento che permette di distinguere il bene dal male, il noto dall’ignoto, l’umano dal disumano. È per questo utile chiedersi: come orientare le scelte in Rete?
Il segreto del grafo
Il passaggio dalla linea alla rete ridefinisce anche le nostre comunità sociali e politiche. In un ambiente di rete, la fiducia si costruisce attraverso le connessioni. Tutto questo perché è cambiato l’ecosistema dell’informazione: la linea retta dell’informazione — precisa l’A. — ha lasciato il posto al grafo, che si compone di nodi e di archi. Così, l’architettura del nostro reale ritorna ad essere quel grafo che ha caratterizzato il sapere e le informazioni tramandati dai monasteri medioevali, o il senso della facciata della cattedrale di Notre-Dame a Parigi, oppure, secoli prima, la composizione dell’Iliade e dell’Odissea. Il valore dell’informazione dipende sia dalla sua qualità sia dal contesto in cui si dà, si arricchisce di significato quando viene collegata ad altre. È la teoria del grafo in cui oltre al nodo — un piccolo «pezzo» di informazione — l’arco connette la relazione tra nodi e il valore dell’informazione è la somma dei nodi e degli archi. Gutemberg, che ha prodotto la linea retta dell’informazione è stata una grande parentesi. Del resto, con quale criterio è possibile definire una notizia più rilevante di un’altra? Badaloni risponde citando il fisico Carlo Rovelli: «Pensare il mondo come un insieme di oggetti sembra funzionare sempre meno. Un oggetto esiste come nodo di un insieme di interazioni, di relazioni». Conoscere è «il risultato del nostro mettere in relazione le cose. I siti e le applicazioni sono sostanzialmente infrastrutture per conoscere attraverso esperienze di relazione»: il mezzo non è più, come affermava McLuhan, il messaggio, perché secondo Badaloni «in rete il messaggio è dotato di ali».
Il descrive il ruolo che il «bene fiducia» svolge nel comprendere sia il significato di un’informazione o di un prodotto, sia nel conferire un valore a un’informazione o un prodotto, sia per aggregare le persone attorno a un’informazione o un prodotto. L’Autore ritiene che «siamo ciò che connettiamo». Ogni oggetto del mondo viene compreso soltanto se è connesso.
Internet, il grande sistema nervoso della nostra realtà, aiuta a «comunicare, comprendere, trasformare e creare». Oggetti come gli occhiali o le auto possono ricevere e ridistribuire informazioni perché viviamo in «un mondo conversazionale», nel quale internet dà voce agli oggetti attorno a noi perché li connette tra loro. Si capisce il mondo attraverso la percezione delle cose di cui esso è fatto: «Più che un medio per se stesso, internet agisce come un creatore di media che ci abilita a comunicare, capire, trasformare e creare nuovi ambienti in cui abitare».
I nuovi ecosistemi
Progettare questi ambienti informativi significa considerarli come «ecosistemi», cioè come ambienti particolari in cui ci sono un continuo scambio di energia (che è fatta di informazione) e un equilibrio che è frutto del dinamismo stesso del sistema. Sono queste le due caratteristiche che consentono all’ambiente di essere resiliente e abitabile per gli uomini, perché permette loro di costruire relazioni con gli oggetti e le persone che sono parte di esso. Capire come progettare in base a queste caratteristiche è fondamentale per narrare, pensare e vendere un prodotto. Qualsiasi evento sociale passa ormai attraverso la gestione della comunicazione da gestire in rete. Per questa ragione, il quotidiano The Washington Post ha di recente assunto 40 ingegneri che lavorino con i giornalisti.
Insomma la notizia giornalistica riacquista valore economico solo se è pensata da un’architettura dell’informazione che fa del contenuto una fonte di relazione con ambienti, reti e comunità di riferimento. In altre parole, «il valore economico del contenuto cresce in funzione della capacità di un’informazione di passare da persona a persona. […] La partita si gioca infatti non solo nel produrre contenuto ma anche nel farlo comparire nel luogo e nella forma migliore rispetto al contesto, alle caratteristiche e ai bisogni di una determinata persona».
La Rete ha dei valori?
La risposta è no! Sono le persone che la utilizzano, la fruiscono e la costruiscono che hanno valori.
La tenace difesa di Badaloni di valori per il mondo della Rete ─ fiducia, dono, condivisione, solidarietà ─ potrebbe in prima battuta accreditarlo come irenico. Al contrario, è proprio il realismo del tecnico a fare di lui anche un educatore sensibile a fornire chiavi di lettura umane, per rafforzare le competenze di progettazione e la costruzione di ambienti informativi complessi (come siti, applicazioni, giochi, software in generale), o per progettare ambienti fisico-digitali come aeroporti, stazioni, infrastrutture cittadine.
Per saperne di più La Civiltà Cattolica
[1] F. BADALONI, Architettura della Comunicazione. Progettare i nuovi ecosistemi dell’informazione, Roma, 2016.