La Stampa ha avviato un’inchiesta molto acutamente approfondita e studiata da Giacomo Galeazzi dopo aver ricevuto una la lettera della signora Sabrina Cavallo, la mamma di un ragazzo di 15 anni al quale un anno e mezzo fa è stata diagnosticata una malattia genetica: il Rene Policistico Autosomico Dominante (ADPKD, l’acronimo della malattia deriva dall’inglese). Questa sindrome causa l’insufficienza renale attraverso il continuo propagarsi di cisti nell’organo colpito. Tali cisti, oltre ad aumentare a dismisura le dimensioni di un rene, perforandosi provocano forti dolorosi, simili ad una colica renale. Dopo anni di studi, ricercatori giapponesi hanno trovato un medicinale (Tolvaptan) in grado di rallentare la crescita di cisti renali nel rene policistico, preservandone la funzionalità. In Europa molti stati hanno iniziato a curare gli ammalati con il farmaco Tolvaptan e il 17 marzo 2016 l’Aifa lo ha inserito in fascia C, cioè tra i medicinali non rimborsabili dal servizio sanitario nazionale e quindi completamente a carico del paziente. E ciò con costi insostenibili: da 5800 a 1160 euro al mese, a seconda del dosaggio.
La mamma del ragazzo lamenta “l’ennesima ingiustizia a danno di chi chiede solo di poter vivere una vita dignitosa”. E teme che ci siano interessi delle aziende farmaceutiche nel favorire le remunerative dialisi: il costo del kit per ciascun dializzato è di 400 euro ed è fornito da un’unica azienda farmaceutica. E ciò a discapito della cura farmacologica sperimentale.
1) La salute può essere trattata come una qualunque altra merce?
2) Si possono lasciare alle fluttuazioni del mercato il prezzo dei farmaci? Non deve essere la Politica a ridistribuire?
Ecco come la mia riflessione.
Il caso del Tolvalptan
Proviamo a distinguere i tre diversi livelli del problema. Anzitutto quello giuridico: nella Costituzione l’art. 32 riconosce la salute come diritto fondamentale. La cura non si riduce a un facere o non facere, ma è un valore che l’Ordinamento è chiamato a tutelare. La Costituzione garantendo le cure gratuite agli «indigenti» fa un discorso inclusivo. È dunque difficile da giustificare la non somministrazione gratuita del Tolvalptan che è un “farmaco orfano”, approvato dall’Ema (Agenzia europea dei farmaci). Ha le caratteristiche per essere inserito tra i farmaci gratuiti dal Fonfo sanitario nazionale.
C’è poi un livello etico morale. La sanità non può essere gestita come una società del mercato in cui tutto risponde alla domanda: «quanto costa?». Quale rapporto (anche in termini di costi) intercorre tra la tecnica, la politica del farmaco e la cura umana? La mamma dovrebbe chiedere all’Aifa un provvedimento straordinario. È un diritto (morale) per l’intera società salvare la dignità del ragazzo ammalato.
Rimane il punto più delicato, quello politico. Le case farmaceutiche finanziano la ricerca, impongono brevetti, stabiliscono i prezzi. Il convenzionamento dei farmaci da sempre genera corruzione. Per quale motivo i brevetti della ricerca nelle Università rimangano esclusivi alle case farmaceutiche e non sono condivisi? Ci sono farmaci, come quelli per curare l’epatite C, che in Europa hanno costi proibitivi, mentre in altri angoli del mondo si comprano per poco. Perché?
Per questo ragazzo l’Aifa potrebbe far somministrare il farmaco in ospedale. Certo i portatori delle malattie “orfane” cresceranno. E i costi per lo Stato sono altissimi. È urgente un piano industriale sanitario per garantire la sostenibilità basato su princìpi di qualità, sicurezza, uguaglianza ed efficacia. Va poi ritrovato un nuovo patto sociale di solidarietà tra le fasce di reddito alte e quelle povere.