“L’Eden rappresenta la perfezione della natura e dell’uomo, mentre la terra promessa è solo un luogo migliore dell’Egitto..
Noi crediamo ancora..in quello che l’Esodo voleva insegnare..sul significato e la possibilità della politica e sulle sue giuste forme:
-primo, che ovunque si viva, probabilmente si vive in Egitto;
-secondo che esiste un posto migliore, un mondo più attraente, una terra promessa;
-e terzo, che la strada che porta alla terra promessa attraversa il deserto. L’unico modo di raggiungerla è unirsi e marciare insieme“.
M. Walzer, “Esodo e rivoluzione”, Feltrinelli, 2004, pp. 81-99.
1. Perché l’Europa è un antidoto ai populismi
L’Europa politica è un ideale storico-concreto (Maritain), anti-messianico, nel senso descritto da Walzer. I progetti di liberazione umana e politica, come precisa Walzer nella sua lettura “rifomista” del libro dell’Esodo, non possono promettere l’Eden, ma solo una terra migliore; non possono evitare la sfida del deserto, ossia le naturali recriminazioni e difficoltà, e non possono pensare l’unità se non nella pluralità.
Se rileggiamo in questa chiave il discorso di De Gasperi “Nostra patria Europa”
http://www.francescoocchetta.it/wordpress/?p=44568
pronunciato pochi mesi prima della infelice bocciatura della Comunità Europea di Difesa, un progetto non solo militare ma anche politico (l’art. 38 del Trattato prevedeva che l’Assemblea parlamentare della Ced si costituisse in Assemblea costituente per redigere un progetto di Costituzione federale o confederale per l’Europa dei Sei, compreso a regime un Parlamento europeo bicamerale) da parte dell’Assemblea Nazionale francese, ritroviamo esattamente questa impostazione:
A. L’importanza degli strumenti anche imperfetti che si adottano: “le alleanze difensive e soprattutto gli armamenti che ne sono la conseguenza, costituiscono una dura necessità preliminare. Infatti, noi non possiamo erigere l’edificio della Comunità Europea se non abbiamo prima tracciato intorno al nostro suolo un bastione protettivo che ci permetta di intraprendere all’interno il lavoro costruttivo che esige tutti i nostri sforzi di paziente e lunga cooperazione”
B. La convergenza tra diversi in questo cammino: il “concetto liberale sull’organizzazione e l’uso del potere politico. il quale presuppone le libertà essenziali alla base della vita pubblica”; il contributo che proprio dall’uma¬nesimo che si trova all’origine del movimento socialista può essere por¬tato alla formazione dell’unità morale dell’Europa. Se la solidarietà della classe operaia non è sufficiente a costituire da sola la base di quell’unità, la solidarietà di altri interessi industriali e agricoli, lo sarebbe ancor meno”; “il cristianesimo.. che esalta la figura e la responsabilità della persona umana col suo fermento di fraternità evangelica”.
2. I populismi forme di messianismo col mito dell’innocenza e dell’unità
Viceversa le varie tendenze populiste si ispirano a uno schema opposto:
A. Il mito dell’innocenza: la schiavitù non sarebbe dovuta alla responsabilità delle persone (che hanno comunque espresso Parlamenti e Governi), ma a vari usurpatori variamente definiti (gli immigrati, i mercati, le lobbies, la casta politica);
B. Il mito dell’unità: il popolo dovrebbe ritrovare la sua originaria unità (la liberazione porta quindi a un nuovo Eden, non nella Terra promessa) depurandosi dal pluralismo (delle identità, delle sfere di decisione, dei partiti) e soprattutto riaffermando una “sovranità” statuale autosufficiente.
3. Cogliere le ragioni dei successi populisti: lo scarto tra policies europee e politics nazionali
Fermo restando che nelle tre principali democrazie dell’Unione europea al momento le spinte populiste anti-Ue non sono maggioranza, occorre cogliere le ragioni di fondo della loro crescita, in particolare come effetto dello scarto tra il livello dove effettivamente si decidono (o si possono decidere) le policies, quello europeo, e quello invece dove si svolge la gran parte del dibattito politico (quello nazionale).
I populisti colgono lo scarto, prendono consensi in nome di questo scarto per cui le istituzioni nazionali sembrano girare a vuoto, ma sbagliano la ricetta, pensando di ricomporre lo scarto con la retorica delle sovranità nazionali obsolete invece che con una condivisione di parte significativa della sovranità a livello europeo.
Da questo punto di vista persino successi di spinte populiste, come quelli della Brexit e del voto americano, potrebbero rappresentare spinte salutari a rispondere nel senso di una “Europa politica first”. Non è comunque possibile opporre ai populismi la difesa statica dello status quo.
4. Soluzioni concrete e percorso
Il modello verso cui tendere in termini di tipo di Stato europeo è quello di un equilibrio più spostato di oggi verso un assetto federale più che confederale. Uno spostamento sull’ideale continuum che vede agli estremi le uniche due soluzioni praticabili, federale e confederale, essendo ovviamente esclusa una centralizzazione da Stato nazionale classico.
Una prospettiva unionista e non statalista, come ben precisa Sergio Fabbrini.
Già oggi infatti accanto ad alcuni elementi dominanti di carattere confederale (la genesi, ossia i Trattati; la centralità dei negoziati tra Governi, un ampio uso dell’unanimità) abbiamo anche alcune caratteristiche federali (una certa prevalenza del diritto comunitario presidiata dalla Corte di giustizia, il ruolo del Parlamento e della Commissione anche con la legittimazione diretta del suo Presidente che si è avuta con le ultime elezioni).
Bisogna vedere in termini di forma di governo se questa evoluzione debba seguire la linea sin qui tracciata dai federalisti, ossia la parlamentarizzazione, fino all’elezione formalmente diretta del Presidente della Commissione, legata al rapporto fiducoario col Parlamento o se si tratti di imboccare una via presidenziale simil-americana. Posizioni tutte e due astrattamente difendibili. Certamente, però, non ci si potrà non dotare di un government a cui corrisponda un vero bilancio europeo rispetto a quello risibile odierno.
Ovviamente ciò può essere fatto solo con chi voglia aderire a questa prospettiva più impegnativa, ferma la disponibilità a mantenere con gli altri un’area di mercato economico comune. La prospettiva delle diverse velocità, e quindi di organi diversi che corrispondano a queste diverse velocità, è l’unica possibile, come ha richiamato ieri Angela Merkel. Del resto già oggi il Consiglio si riunisce a due formati: quello con tutti i componenti e quello ristretto della sola zona Euro. Anche per il Parlamento va previsto qualcosa di analogo, con una parte di deputati eletti in un collegio europeo e non più solo su base nazionale.
Il percorso per raggiungere tale obiettivo è quello della prevalenza nelle tre tornate elettorali decisive che ci attendono (Francia, Germania, Italia), di forze con programmi favorevoli allo schema “Europa politica first”, ben più rilevante in questa fase del pur importante discrimine destra-sinistra. In questo momento tale scenario appare più che probabile in Germania (dove la positiva concorrenza elettorale tra Cdu e Spd sta portando a una forte maggioranza europeista), possibile in Francia (dove il candidato favorito Macron ha il programma più europeista da decenni, anche se potrebbe avere problemi di maggioranza parlamentare), confuso in Italia (anche per l’incertezza su regole e scadenze).
C’è ancora un po’ di deserto da attraversare, prima di uscire dall’Egitto, specie in Italia….