Capovolgere la giustizia. E’ un volume che non vuole essere un best seller ma un piccolo seme per la nostra cultura. Uscirà all’inizio di aprile. Nella mia memoria del servizio prestato in alcune carceri è rimasta la traccia di ogni particolare di quel mondo: prima i controlli, poi i cancelli da attraversare, i lunghi corridoi da percorrere, i pensieri che si alternano alle paure, fino all’incontro con le detenute e i detenuti. Nel carcere i detenuti tendono a regredire verso forme di appagamento infantile. Vivono del loro passato. Di quell’universo non si può dimenticare nulla. Per coloro che parlano un’altra lingua o, semplicemente, sono rinchiusi in se stessi, il presente è mediato quasi esclusivamente dai ritmi del penitenziario: il rumore della chiave che apre le porte blindate, le luci al neon, l’aria stagnante, l’arrivo dei pasti, l’attesa dell’ora d’aria. Entrare in un carcere è come scendere nelle catacombe di una città dove persone e storie sono allontanate dalla vista per fare finta che non esistano. Significa rimuoverle dall’inconscio sociale.
Il dolore delle vittime
Al centro del volume pongo il dolore delle vittime. Quelle che ho incontrato e quelle che che stanno facendo ascoltare la loro voce anche se molto timidamente.
L’universo carcere e l’amministrazione della giustizia non si limitano a essere i suoi detenuti, è un mondo complesso di relazioni che coinvolge l’amministrazione carceraria, la polizia, gli operatori, gli avvocati, i volontari. Un mondo fatto di incontri e di scontri, di interessi e di paradossi, intorno a un grande assente: le vittime con il loro dolore. Lo Stato è in genere attento a risarcire le famiglie colpite, ma il dolore della vittima non ha prezzo. Soprattutto, non cessa dopo essere stato risarcito. La pena stessa inflitta al reo non tiene in conto la riabilitazione della dignità della vittima.
Ricoscientizzare il male
« Capovolgere » la giustizia, senza che sia solo lo Stato a stabilirla, è possibile. A una condizione, però. Il primo passo di ogni riforma è sempre interiore. È un appello che nasce nella coscienza morale personale e comunitaria di un popolo. È l’esperienza del « sentire con » chi ha fatto e provocato il male.
La via della giustizia riparativa
Ogni sopruso, ogni offesa morale o materiale alla persona inscrive nella sua umanità una ferita profonda. Eppure, spesso la pena inflitta a chi ha commesso un reato non tiene conto della riabilitazione della dignità della vittima, così come restano poco noti gli sforzi di riconciliazione tra vittime e rei. Una visione puramente retributiva di giustizia risponde alla domanda di bene per tutti?
Che cosa accade quando si capovolge l’idea corrente di giustizia per guardarla in una prospettiva di riconciliazione? Di questo si occupa la « giustizia riparativa ». La riparazione comprende un percorso articolato in alcuni passaggi fondamentali: il riconoscimento, da parte del reo, della propria responsabilità; la sua comprensione dell’esperienza di vittimizzazione subita dalla vittima e del danno recato all’intera comunità; l’elaborazione, da parte della vittima, della propria esperienza di dolore.
In dialogo con…
Il volume affronta la questione con un doppio respiro: nella prima parte illustro il fondamento giuridico e biblico della giustizia riparativa, descrive lo stato di salute delle carceri in Italia, riporta esperienze di riconciliazione; nella seconda parte sono raccolti dialoghi sulla giustizia con Francesco Cananzi, membro del Consiglio Superiore della Magistratura; Daniela Marcone, vicepresidente di Libera; Guido Chiaretti, presidente dell’associazione di volontariato carcerario Sesta Opera San Fedele; don Virgilio Balducchi, ispettore generale dei cappellani delle carceri italiane.
Dalla prefazione di don Ciotti, Presidente di Libera:
Non parliamo, beninteso, di un cammino facile, perché la giustizia riparativa è, prima di un sistema giuridico, un prodotto culturale, capace di promuovere percorsi di riconciliazione senza dimenticare le esigenze della giustizia “retributiva” (incentrata sul rapporto tra il reato e la pena) e della giustizia “riabilitativa” (più attenta al “recupero” del detenuto)… Percorsi delicati, quasi mai lineari, connessi alle parti più intime dell’essere umano e dunque da gestire con attenzione ed equilibrio, perché il ricostruire le relazioni umane e il tessuto sociale non può andare a discapito dell’equità, della certezza e della funzione riabilitativa della pena.
Dalla postfazione di GianMaria Flick, Presidente emerito della Corte Costituzionale:
È una tendenza che va al di là del dovere di giustizia e di solidarietà di ricordare la vittima; di rispettarla e considerarla; di ascoltarla e aiutarla essendole vicini; di consentirle una rappresentanza adeguata. Non bastano le leggi di riforma. Occorrono prima di tutto società e cultura; occorre quella legalità sostanziale di cui oggi si tratta anche quando si parla di prevenzione della corruzione; occorre che finalmente recepiamo la cultura della reputazione e la cultura della vergogna. Vale per la corruzione, per l’evasione fiscale; ma vale anche e soprattutto per il carcere.
Acquisto
Se vuoi comprarlo clicca qui La giustizia capovolta, il prezzo è accessibile e come dicono in Spagna “Un libro lo compri una volta e lo puoi leggere 100 volte”.
Presentazione volume
· 13 aprile, ore 18: Cagliari, Facoltà Teologica
· 23 aprile, ore 18: Roma, La Civiltà Cattolica
· 13 maggio, ore 12.30: Salone del libro di Torino
· 27 maggio, ore 16: Festival Biblico di Vicenza
– 23 settembre, ore 17,30 all’Istituto Pontano di Napoli
– 26 settembre, ore 18.00 all’Università Statale degli Studi di Milano
– 12 ottobre, h.18.00 ad Agrigento con la Caritas diocesana e la Diocesi
– 17 novembre, h. 9,30 all’Università Sapienza di Roma