… è un dire “per sempre”
Tatuarsi è una moda ormai diffusa nelle società occidentali, in Italia sono 7 milioni (13 italiani su 100) i tatuati. Sembra un paradosso, ma è proprio nel tempo della fragilità dei comportamenti e della liquidità degli ideali, in cui ogni scelta sembra assunta «a tempo», che il tatuaggio si impone come la traccia di una «identità dilatata» e il simbolo del «per sempre».
Cambia lo sguardo sul corpo stesso: se il Davide di Michelangelo, le tre Grazie del Canova — o qualsiasi altra forma di corpo rappresentata classicamente — lo si contempla attraverso l’armonia dell’insieme, un corpo tatuato lo si guarda a partire dal particolare che disvela l’insieme.
…ogni tatuaggio ha un significato
Ogni disegno porta con sé un significato, come per esempio le rondini, che rappresentano la voglia di evadere, oppure il tatuaggio marinaro, con cui si esorcizza la paura della morte durante la navigazione. Si riproducono teschi, demoni o simboli legati al lato oscuro dell’esistenza. Oppure serpenti, pantere, leoni che rimandano alla trasgressione e alla forza, oppure farfalle, fiori di loto, pavoni per fare risaltare l’intreccio tra i colori. Ci sono tatuaggi che rimandano all’immaginario esotico: samurai, geishe, mostri mitologici.
Ma c’è di più, ci sono gruppi che utilizzano i tatuaggi come segni distintivi per caratterizzare la loro identità sociale.
…qualche dato
Il 3,3% delle persone che si tatuano hanno avuto complicanze o reazioni: dolore, granulomi, ispessimento della pelle, reazioni allergiche, infezioni e pus. Ma il dato appare sottostimato. Il 17% dei tatuati ha dichiarato di essere pentito e oltre il 4% si è già sottoposto a trattamenti per cancellarsi il disegno.
Il Ministero della Salute ha recentemente vietato alcuni pigmenti sintetici (in particolari il nero e il rosso) a causa delle contaminazioni che recano; i colori naturali invece hanno un’azione autosterilizzante. Il 18% delle sostanze usate per marchiare la pelle è contaminato da microbi o funghi.
Circa 12.000 italiani ogni anno cercano di cancellarsi il tatuaggio ricorrendo alla medicina estetica, con risultati deludenti perché rimane l’ombra.
…alcune domande
Nello L’evoluzione del tatuaggio di questi ultimi anni racconta davvero la storie di una nuova libertà antropologica, in cui si intrecciano la vita personale e sociale? A quali conseguenze personali e sociali porterà la scelta di imporre il tatuaggio come consumo? È questa la nuova emancipazione in cui, sulla carne nuda, si inscrivono le nuove battaglie dell’esistenza? La pelle diventa una lavagna indelebile di un malessere (spirituale)? Si cambia il proprio corpo perché non si riesce a cambiare l’ambiente circostante? Sono, queste, alcune domande le cui risposte rimangono latenti nella cultura contemporanea.
Nell’articolo pubblicato sulla Civiltà Cattolica cerco di dare alcune risposte in dialogo con la cultura e l’antropologia contemporanea.
Ecco come alcune Agenzie stampa hanno ripreso in sintesi l’articolo: SIR, ASKA