Permettemi una brevissima riflessione sulle intercettazioni che l’altro ieri hanno riguardato il Sen. Azzollini e le religiose della Casa della Divina Provvidenza. Dai verbali emerge che due testimoni abbiano affermato che il sen. Azzollini a suor Marcella abbia detto: “Da oggi in poi comando io, se no vi piscio in bocca”. A confessarlo sono due testimoni.
Al di là di ogni valutazione “in punto di diritto”, se il senatore abbia o meno commesso fatti penalmente rilevanti, la cosa sconcertante è il linguaggio che “l’onorevole” sembra avere usato in presenza delle religiose. Se davvero è così (e si può immaginare il modo) mi interroga e mi sconcerta. Il linguaggio usato ispira indignazione, avversione. L’articolo del “Fatto quotidiano” risveglia in noi la differenza tra ciò che è civilmente lecito e ciò che è contrario alla dignità sociale.
Vi è, in quanto riportato, una tripla aggravante (una tripla asimmetria) che lascia basiti. Lo dico in generale senza concentrarmi semplicemente su quello che è emerso dai verbali. Dice il divorzio tra l’esercizio del potere che si divide tra la prepotenza e il servizio.
La cronaca racconta di un dialogo tra un uomo adulto e una donna (prima situazione di asimmetria, posto che non sono due omaccioni a confronto); c’è poi l’aggravante che a subire il turpiloquio siano delle religiose, che ovviamente per loro natura sono avverse ad un linguaggio che implica riferimenti sessuali che orientano il loro amore attraverso la castità. Terzo, quale poteva essere la risposta delle suore che per natura sono non violente e già troppo schiacciate da una cultura che sempre di più non comprende la loro scelta?
Poniamo anche che le intercettazioni siano un po’ gonfiate… ma quando si usa una carica per affermare un potere prepotente… allora qui davvero la nostra riflessione deve ritornare a monte per chiedersi quali sono le regole minime per salvare la democrazia? Cosa significa difesa e rispetto della dignità? In quale modo costruire il bene comune? Quale limite ci deve essere tra interesse personale e del proprio gruppo con l’interesse collettivo?
Il linguaggio verbale evoca la personalità di qualsiasi Onorevole, la sua correttezza, il suo savoir faire, il ricordo che lascia in chi lo incontra. Nel modo in cui un politico argomenta, esprime non solamente il tipo di rapporto che vuole stabilire coloro che rappresenta, ma anche il suo autocontrollo e la sua intelligenza.
La forza del perdono di cui le suore vivono, avrà già perdonato questo fatto ed altri ancora. Ma rimane tanta amarezza per i comportamenti che di giorno in giorno emergono e sono commessi dai politici e da reti di persone e di affari a loro vicini.
E’ la stessa cultura laica a riconoscerlo: “Chi parla male, pensa male e vive male”, si afferma nel film “Palombella rossa”.
L’antidoto a questi comportamenti non sono semplicemente la repressione ma l’educazione basata sui valori umani e spirituali che la politica veicola sulla testimonianza degli uomini che la esercitano.