I contenuti della fede che comunicherà attraverso i “nuovi media” di allora hanno nella sua crisi di fede del 1587 un momento generativo: è la sua notte oscura in cui per sei settimane non mangia, non dorme, piange, si ammala. Ne esce affidandosi a Dio: “io vi amerò, Signore”.
Dalla sua vita si rispecchia un’etica, quella cristiana, che ci impegna, determina nella nostra vita confini invalicabili, esige responsabilità che va oltre l’adempimento di alcune pratiche o la giusta osservanza di norme. Sì perché l’etica cristiana non è questione di moda, ma è una risposta a Dio; una risposta personale.
L’Enciclopedia Garzanti della Letteratura definisce san Francesco così: “Elegante predicatore e prosatore alieno dai toni aspri, abile nell’intrecciare immagini e idee”. La gente lo amava perché si sentiva amata da lui.
La sua forza è stata la capacità di accogliere la sua debolezza. Come prete inizia a vivere una serie di sconfitte. Dal pulpito non è ascoltato così decide di pubblicare dei foglietti volanti, simili a dei super twetts del tempo!
Li faceva scivolare sotto gli usci delle case o li affiggeva ai muri. Questo modo di trovare forme nuove di comunicare l’unica Parola di vita convince la Chiesa a mettere sotto la sua protezione la vita dei giornalisti, degli scrittori di quanti diffondono la verità cristiana servendosi dei mezzi di comunicazione sociale … ma anche protettori dei sordomuti, a cui bisogna comunicare in modo diverso.
Nella letteratura spirituale rimangono fondamentali alcune sue opere come “Introduzione alla vita devota” e “Trattato dell’amore di Dio”. Non convinceva con la minaccia e la paura ma attraverso la coerenza della sua vita. Questo dava modo a molti ugonotti ritornarono nella Chiesa Cattolica.
Ai giornalisti lascia il suo testamento: “Vi garantisco che ogni volta che sono ricorso a repliche pungenti, ho dovuto pentirmene. Gli uomini fanno di più per amore e carità che per severità e rigore”.
Già saper discernere. Per il giornalista tutto inizia da qui.La questione, ribadiva spesso il cardinal Martini ai giornalisti milanesi, “è propriamente una questione di discernimento della qualità e per questo è difficile: uno può produrre molto, può occupare molti spazi, avere grandi successi, e però può fare molta fatica a discernere la qualità [delle sue scelte e azioni]”.
Lo stesso Papa è maestro di discernimento. Saper distinguere i princìpi in gioco, condannare il male e salvare la dignità delle persone è la finalità del discernimento. Il Papa ce lo richiama con i suoi gesti e la sua fermezza. Durante il suo ultimo viaggio nelle Filippine ce lo ha ricordato re-introducendo nello spazio pubblico un elemento di riflessione che timidamente molti di noi accennavano solamente: la satira giornalistica deve sempre rispettare la credenza e la dignità di chi si incontra.
La mia libertà non è mai assoluta, non è mai una “libertà da”, ma sempre una “libertà per l’altro”: l’incontro con la libertà e la sensibilità di un altro sono princìpi che devono ispirare azioni concrete e devono essere declinati in relazione alla complessità della storia e della cultura in cui si vive.
Solo discernendo possiamo temperare il principio di libertà di espressione, con il principio della libertà di religione, con il rispetto della dignità ma anche con il dovere della reciprocità e il rispetto tra le culture.
Siamo davanti a una scelta: per la cultura d’Occidente la libertà si definisce ancora in relazione all’uguaglianza e alla fraternità? È qui la radice della crisi. Certo, ogni atto terroristico va fortemente condannato. Ma non questo il punto. È il sistema dei media ad essere chiamato a coniugare il principio di libertà con quello di responsabilità. È la responsabilità personale e sociale a formare un servizio pubblico che favorisca l’integrazione culturale, permetta alle tre grandi religioni di dialogare e cerchi un equilibrio sulle autolimitazioni della satira per i temi etnici e religiosi. Tutto questo è la forza di saper discernere che nasce da un appello interiore e da una forza buona e sana che ogni giornalista ascolta nella sua coscienza.
Potrà tutto questo diventare bagaglio formativo comune del giornalismo?
L’appello a discernere in un mondo ormai troppo complesso è l’invito che la vita di Francesco di Sales ci consegna per per essere giornalisti veri oggi.
E quest’avventura la possiamo vivere sotto la sua protezione.