Si tratta di un’opera che possiamo definire colossale. Anni di ricerca silenziosa negli archivi vaticani. La questione armena respira adesso con un polmone della storia rimasto inedito. Se infatti del genocidio armeno è stato detto tutto… come nota Andrea Riccardi nel suo saggio “Benedetto XV e la crisi nella convivenza multireligiosa nell’Impero ottomano” “non esiste una ricostruzione dell’atteggiamento della Santa Sede”.
Cosa è capitato ai cristiani ai cristiani nell’Impero ottomano?
Lo scopo dei volumi che Georges Ruyssen sta pubblicando è quello di rendere accessibili le fonti di parte ecclesiastica per uno studio sereno degli eventi definiti dalla comunità armena il “Grande Male”, eventi che a livello storico sono davvero tanto complessi.
La seria intitolata LA QUESTIONE ARMENA raccoglie in sette volumi i documenti diplomatici conservati nell’Archivio Segreto Vaticano (ASV), nell’Archivio della Congregazione per le Chiese Orientali (ACO) e nell’Archivio Storico della Segreteria di Stato (SS.RR.SS.).
La scopo dell’edizione dei documenti d’archivi del Vaticano è duplice: salvaguardare il più possibile la verità storica e mettere a disposizione dei ricercatori l’intero corpus della corrispondenza diplomatica finora soltanto molto parzialmente editato e pubblicato. I documenti vengono riprodotti per intero, quanto tale e non in brani selezionati, nonché nella loro lingua originale (italiano, francese, inglese, tedesco, latino).
Il valore dei sette volumi de LA QUESTIONE ARMENA sta nel come questi eventi ormai ben conosciuti dagli storici – e.g. i massacri hamidiani (1894-1896), la ribellione e i massacri di Van (1908), i massacri di Adana (1909), il genocidio armeno (1915), la rioccupazione del Caucaso dai turchi dopo il ritiro delle truppe russe (1918), l’evacuazione della Cilicia dalla Francia (febbraio, marzo 1922) e la politica kemalista del panturchismo segnalando l’esodo massivo dei cristiani della Turchia (anni 1920 in poi), gli eventi luttuosi di Smirne (settembre 1922), i tentatavi per risolvere la questione armena nel seno della Società delle Nazioni (1923-1925) – venivano riferiti, interpretati e vissuti dalla Chiesa Cattolica e dalla sua gerarchia, che non perseguiva i medesimi interessi economici e politici delle potenze europee.
Ecco la forza di alcuni brani che meritano di essere meditati, non tanto per puntare il dito su popoli e culture, ma per non ripetere l’orrore che l’umanità ha vissuto.
“Di fatti in quella stessa notte [cioè il 23 giugno 1915] si procedette ad arresti in massa; il dì seguente si leggeva su tutti i muri, un ordine, che dava agli armeni 5 giorni di tempo, per regolare i loro affari e mettersi nelle mani del governo, uomini, donne, fanciulli ammalati, decrepiti, sacerdoti e suore cattoliche, senza eccezione, per essere internati, in luogo ignoto. Un cordone militare impediva ogni comunicazione col loro quartiere. L’indomani già cominciava la deportazione. Pochissimi poterono non regolare, ma disastrosamente liquidare il loro avere. Si sperò un momento qualche favore pei cattolici, come, (dicessi) a Trebizonda, vana speranza. Il 28 e 29 (ultimi giorni accordati) si spiegò una fortissima propaganda musulmana, cambiando così la base dell’azione. L’esempio di alcuni ricchi fu seguito, e al momento che scrivo, parecchie centinaia di armeni e 5 famiglie cattoliche fecero già la loro domanda d’essere ammessi all’islam. Voci di massacri, vere o sparse ad arte, accentuano questo movimento. Le donne sono quelle che resistono di più. S.E. capirà che non posso entrare in dettagli né emettere appreziazioni implorando il suo aiuto, quello della Santa Sede, delle potenze alleate alla Turchia”. (Lettera del Cappuccino Michele Liebl (da Capodistria), Missionario austriaco a Samsun, al Delegato apostolico Dolci del 30 giugno 1915, allegata a: 29 luglio 1915 – Rapporto del Delegato apostolico Dolci al Cardinale Gasparri – SS.RR.SS., AA.EE.SS., Austria-Ungheria (Turchia), III periodo 1915-1916, pos. 1069, fasc. 462, n° 9181, 4-10r.)
“Da parte mia non ho mancato di interessare il Governo. Purtroppo però ogni azione riesce sommamente difficile, perché il Gran Vizir, Ministro degli Esteri, non ha nessuna influenza sul Gabinetto e gli altri Ministri, pieni di uno smisurato chauvinisme, danno assoluti poteri alle autorità locali dell’interno con istruzioni severe, e quando i loro propri ordini sono eseguiti protestano di esserne inconsapevoli. Da ciò V.E. può comprendere quale sia lo stato in cui versano le povere popolazioni non-musulmane dell’Asia. Le potenze cristiane avrebbero il dovere d’intervenire. Ma purtroppo la maggior parte di esse sta in guerra con la Turchia, e l’azione delle alleate è, come ho detto nel telegramma, inefficacissima. Tuttavia ho continuamente insistito al riguardo presso gli Ambasciatori di Austria e di Germania […]”.
(29 luglio 1915 – Rapporto del Delegato apostolico Dolci al Cardinale Gasparri – SS.RR.SS., AA.EE.SS., Austria-Ungheria (Turchia), III periodo 1915-1916, pos. 1069, fasc. 462, n° 9181, 4-10r.)
“La parola “deportazione” significa: 1) la separazione assoluta dei mariti dalle loro mogli, e delle madri dei loro fanciulli; 2) minacce e lusinghe di emissari turchi, affine di costringere gli uni e gli altri ad apostatare. Gli apostati poi – e ve ne sono molti – sono immediatamente spediti in località esclusivamente musulmane, da dove non si dà più ritorno. 3) Ratto di donne, secondo che per le loro qualità fisiche convengono alla vendita nei harem, o a contentare le basse passioni dei notabili o dei custodi; 4) le piccole fanciulle di diverse località si destinano in qualità di piccole serve di case turche che hanno poi l’obbligo di dar loro la rispettiva educazione musulmana. Ve ne sono giunte perfino a Costantinopoli. Altrove si circondino tutti i fanciulli cristiani, per internarli poi in case turche. […]i superstiti sono costretti ad abbandonare tutto il loro avere, case, possessioni, denaro, e forzati a partire per l’interno, accompagnati per lo più da gendarmi brutali, migrano di villaggio in villaggio, di pianura in pianura, senza tregua, sempre verso destinazione ignota. Moralmente abbattuti pei dolori e le separazioni subiti, il loro organismo non è più atto a resistere alle intemperie ed alle privazioni, cosicché ne muoiono molti per istrada. Altri vi sono addirittura massacrati. Così, su conferma, la notizia di un massacro generale di armeni a Van e Bitlis; poi quello di Mardin, dove fu massacrato il Vescovo cattolico insieme con 700 dei suoi fedeli. Di Angora riferisce il testimone protestante sopraccitato, che tutta la popolazione maschile armena, al di sopra di 10 anni, sia sterminata per via di un massacro. Così si potrebbero citare tanti altri esempi. Il fatto seguente, riferito da due testimoni turchi intervistati dal relatore, serva a rilevare le barbarie cui soggiacciono i poveri diportati. In una chiesa abbandonata, sulla via d’Angora, erano rinchiusi e custoditi alla baionetta da 150-200 armeni diportati, fra cui un prete cattolico e due suore”. (Dal memorandum del Cappuccino Norberto Hofer, missionario ad Erzerum allegato a: 18 ottobre 1915 – Rapporto di Mgr Scapinelli, Nunzio apostolico a Vienna, al Cardinale Gasparri – ASV, Segreteria di Stato, Guerra (1914-1918), rubr. 244, fasc. 110, n° 11024, 241-243, 244-246.)
“Orrori raccapriccianti sono stati commessi da questo Governo contro armeni innocenti nell’interiore dell’Impero. In alcune regioni sono stati massacrati, in altri deportati in luoghi incogniti per morire di fame durante tragitto. Madri hanno venduto figli per sottrarli a certa morta. Lavoro incessantemente per arrestare questa barbarie. Si è ottenuto qualche cosa favore armeni cattolici. Si teme però che queste crudeli misure si estendono a tutti i cattolici in caso conflitto dell’Italia con la Turchia”.
(20 agosto 1915 – Copia del Rapporto del Delegato apostolico Dolci al Cardinale Gasparri, Segretario di Stato – ACO, Armeni, fasc. 2950/28, senza protocollo).
La lettere di Benedetto XV:
“A Sua Maestà Maometto V, Imperatore degli ottomani
Maestà,
[…] Ci strazia l’animo, Ci giunge pure dolorissimo l’eco dei gemiti di tutto un popolo, il quale nei vasti domini ottomani è sottoposto ad inenarrabili sofferenze. La Nazione armena ha già veduto molti dei suoi figli mandati al patibolo, moltissimi tra i quali non pochi ecclesiastici ed anche qualche Vescovo, incarcerati o inviati in esilio. Ed ora ci viene riferito intere popolazioni di villaggi e di città sono costretti ad abbandonare le loro case per trasferirsi con indicibili stenti e patimenti in lontani luoghi di concentrazione, nei quali oltre le angosce morali debbono sopportare le privazioni della più squallida miseria e sin le torture della fame. Noi crediamo, Sire, che tali eccessi avvengono contro il volere del Governo di Vostra Maestà. Ci rivolgiamo pertanto, fiduciosi a Vostra Maestà ed ardentemente La esortiamo di volere, nella Sua magnanima generosità aver pietà ed intervenire a favore di un popolo […]. Se vi sono tra gli armeni traditori o colpevoli di altri delitti, che essi siano legalmente giudicati e puniti. Ma non permetta Vostra Maestà nell’altissimo Suo sentimento di giustizia che nel castigo siano travolti gli innocenti ed anche sui traviati scenda la sovrana Sua clemenza. Dica Vostra Maestà l’invocata e possente Sua parola di pace e di perdono, e la Nazione armena, resa sicura da violenze e da rappresaglie, benedirà il nome augusto del suo Protettore.
In questa dolce speranza Noi preghiamo Vostra Maestà di gradire i migliori voti che formiamo per la Sua conservazione e prosperità e per la felicità dei suoi popoli.
Dal Vaticano, 10 settembre 1915
Benedetto P.P. XV
(versione italiana dell’autografo di Papa Benedetto XV al Sultano Maometto V Reshad del 10 settembre 1915, allegata a 12 settembre 1915 – Lettera del Cardinale Gasparri al Delegato apostolico Dolci – SS.RR.SS., AA.EE.SS., Austria-Ungheria (Turchia), III periodo 1915-1916, pos. 1069, fasc. 462, n° 9469, 21 rv.)”.