Un parroco “qualunque” che ha cambiato e ha aiutato la vita di tanta gente

paolinoDomenica 29 settembre, la comunità parrocchiale di san Nicolò ha salutato don Paolino Bettin che per 26 è stato parroco. E’ stato trasferito a Montegrotto per una nuova missione. Per alcuni gesuiti questa figura di prete è stato importante perchè ci ha accompagnato a crescere negli anni dello studio della filosofia. Come ogni parroco anche don Paolino ha accompagnato la vita a nascere e a morire servendo e celebrando i sacramenti per la comunità delle persone a lui affidate. In questa parrocchia ha celebrato 627 battesimi, 733 matrimoni, 483 funerali. Insomma tutta “ordinaria amministrazione” vista dal di fuori. Ma quei numeri sono pieni di vita, di incontri, di parole scambiate diventate scelte, di bambini visti crescere, di anziani accompagnati ad attraversare la barriera della morte, di relazioni umane intessute di speranza per chi doveva compiere scelte di vita… e il tutto in un piccolo angolo della nostra terra che fa la grandezza della Chiesa.

Ecco il mio ricordo che mi hanno chiesto i parrocchiani con i quali ho vissuto per due anni:

“Era l’autunno del 1998. Appena arrivati a Padova a noi giovani studenti di filosofia veniva assegnato un apostolato in città. Ricordo ancora quando il superiore mi disse: “Vai nella parrocchia di san Nicolò, insieme al p. Pirola e al p. Funes” che oggi è l’attuale direttore della Specola vaticana. Poi aggiunse “lì troverai il parroco don Paolino”. Me lo disse come se quel nome per noi gesuiti rappresentasse tutto un programma. Detto con un’espressione gesuitica sembrava mi venisse assegnata una sorta di “prova da superare”. Non capivo infatti come mai per andare in una piccola parrocchietta del centro città avevo avuto tutti predecessori di primissima qualità: dal p. Matarazzo attuale Provinciale, al p. Pampaloni, attuale vice Rettore del Pontificio istituto Orientale fino ad arrivare al p. Caletti, attuale maestro dei novizi. Insomma per incontrarlo ero teso come prima di un esame. Mi chiamò per fissarmi un appuntamento. Ma neanche a farlo apposta quel pomeriggio la catena della bicicletta nel tratto dall’Antonianum a san Nicolò continuava a cadermi. Arrivai a quell’appuntamento assomigliando più ad un ciclista che a un gesuita. Stranamente don Paolino non se ne accorse. Era concentrato ad accogliermi e a spiegarmi la vita della parrocchia e la storia che aveva il gruppo dei ragazzi che dovevo accompagnare. Ero davanti ad un prete veneto, ben formato, solido nella sua vocazione, che sapeva cosa deve fare un pastore ma soprattutto chi deve essere. Col passare dei mesi per me diventò un punto di riferimento, un padre nella fede. Mi diceva cose che non gli chiedevo ma che mi aiutavano a costruire la vocazione di sacerdote. È sempre stato rispettoso, anche quando sbagliavo, e comprensivo. Con lui ho imparato a celebrare “solennemente”. Don Paolino voleva indossassi la veste nera di mons. Fasola, il suo predecessori. Ci volevano 10 minuti per allacciare tutti i bottoni. Ma per conoscerlo bisognava vivere una celebrazione presieduta da lui ma anche conoscere i particolari della “sua” Chiesa. Il cuore della sua settimana era per lui la Messa delle 10.00. Per don Paolino se l’annuncio non era appello esistenziale che cambiava la vita di chi ascoltava, difficilmente era una “buona notizia”. Erano liturgie che assomigliavano a quelle del vaticano in cui anche il famoso prof. Todescan sembrava cadere in estasi. Ma don Paolino ha soprattutto celebrato vivendo, per lui il miracolo della vita non è quello di moltiplicare i pani ma di spezzarli. Sapeva che fa vivere la condivisione. E per questo la sua casa era sempre aperta soprattutto per i suoi giovani. L’esperienza che mi ha donato in mezzo ai ragazzi della parrocchia mi ha toccato e segnato: sono stato spettatore di come il Signore fa cresce e accompagna.

Caro don paolino, anche a nome del p. Pirola a cui hai voluto tanto bene ti voglio dire grazie anche per esserti fidato di noi gesuiti. Insieme a voi due, esperti in umanità, ho anche imparato a bere un bel bicchiere di vino a tavola perché, mi dicevate, fa bene al cuore. Ad multos annos! Se nella vita spirituale “il per sempre è composto da tanti ora” anche questo momento di partenza lo vivrai con colui che hai sempre seguito e amato, il Signore Gesù”.

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