Riciclaggio associazione a delinquere, evasione per 41 squadre coinvolte di serie A e B. La guardia di Finanza è al lavoro e ci risiamo.
Sotto la lente d’ingrandimento degli inquirenti, secondo il Corriere.it ci sono le modalità di trasferimento dei calciatori e l’attività di intermediazione da parte dei relativi agenti; “l’esame dei contratti delle operazioni di compravendita e di rinnovo del rapporto di prestazioni sportive a livello nazionale e internazionale con eventuali diritti di opzione; le modalità di utilizzo dei diritti pluriennali riguardanti le prestazioni oggetto di rivalutazione; l’attività di scouting; la gestione dei diritti d’immagine e dei diritti televisivi”; la gestione del patrimonio aziendale e le modalità di inserimento in bilancio dei giocatori professionisti; il trattamento tributario delle operazioni di compravendita dei calciatori ed eventuali operazioni di “vestizione” sull’estero, mascherando così scambi finanziari avvenuti invece in Italia. Le indagini hanno evidenziato: «Reiterate condotte finalizzate all’evasione dell’imposta sui redditi e, più in generale, condotte elusive delle regole di imposizione tributaria» in relazione all’attività dei procuratori in favore dei calciatori. Lo scrivono i pm di Napoli nella richiesta di documentazione alle società di calcio.
La vera questione del calcio? E’ l’emergenza educativa! Un’emergenza così forte che deve imporre a tutti — dirigenti, calciatori, allenatori, tifosi, sponsor, medici, farmacisti, giornalisti, educatori e amministratori — un serio esame di coscienza sulla propria esperienza professionale.
In Italia ci sono 1.521.865 giocatori di calcio (l’equivalente delle popolazioni di Bari, Catania, Venezia, Firenze e Bologna messe insieme) appartenenti a 54.473 squadre, che su una superficie di campi pari a 76.620 km² disputano 700.000 partite l’anno. Si calcola inoltre che le persone vicine al mondo del calcio siano 23.500.000, mentre i tifosi si aggirano intorno ai 32.000.000.
Le cifre degli stipendi dei giocatori, di qualche anno fa, sono eloquenti: le 20 squadre di serie A spendono complessivamente quasi 666 milioni di euro per gli stipendi dei calciatori, 30 in più rispetto all’anno scorso; Kakà (Milan) guadagna 6 milioni di euro netti a stagione; Totti (Roma) 5,5; Adriano, Ibrahimovic, Vieira (Inter) e Buffon (Juventus) 5. Se questi sono i modelli, le squadre dei ragazzi rischiano di trasformarsi in piccole fabbriche di campioni.
Da più parti si registra lo stesso allarme: gli allenatori si stanno trasformando in addestratori che, selezionando i ragazzi più capaci, promettono ai genitori guadagni sicuri.
Ma, se per i genitori l’aspetto più importante diventa l’allenamento a scapito della formazione scolastica, il valore economico del ragazzo prevale sulla sua crescita umana, questa logica avrà conseguenze negative incalcolabili per il futuro professionale e umano di molti giovani italiani.
Se il calcio dilettantistico rischia di essere contaminato dalla crisi del calcio professionistico i cui modelli sono ricchi giocatori super-star, addestratori invece di allenatori, tifoserie sempre più violente può essere la fine del gioco più bello del mondo.
Da qui l’urgenza per salvare il calcio giovanile, di fondare un codice etico che richiami i responsabili a investire tempo e risorse nella formazione dei calciatori e delle tifoserie.
È di grande attualità «La Carta europea dello Sport e il codice di etica sportiva», varata dai ministri europei dello sport nel 1992 e aggiornata nel 2001. Il paragrafo dedicato agli educatori, in particolare allenatori e dirigenti, li richiama ai seguenti princìpi etici:
1) dare priorità alla salute, alla sicurezza e al benessere del giovane, assicurandosi che la preoccupazione per tali cose venga sempre prima della reputazione della società sportiva, delle pressioni delle famiglie, o del raggiungimento di una vittoria;
2) organizzare l’attività in modo che sia per il ragazzo un’esperienza di vita importante per il suo benessere ed equilibrio;
3) evitare di trattare i bambini e i ragazzi come adulti in miniatura, ma essere consapevoli dei cambiamenti fisici e psichici cui vanno incontro nel loro sviluppo, rapportando l’attività a tali condizioni;
4) evitare di riporre sui giovani atleti aspettative esagerate e sottoporli a pressioni inopportune;
5) mostrare altrettanto interesse per gli atleti più dotati e meno dotati;
6) informare sempre in modo sufficiente sia i giovani calciatori, sia le loro famiglie sui rischi e benefici di ciò che si fa.
È necessario investire tempo e risorse nella formazione dei calciatori e dei dirigenti, ma, allo stesso tempo, educare e creare spazio di incontri per le proprie tifoserie anche attraverso specifici blog da aprire nelle pagine web delle squadre, in modo che ci si possa confrontare con l’aiuto di specialisti.
Come anche le squadre e le Amministrazioni sono chiamate a riscoprire e a valorizzare la dimensione del volontariato del calcio con tutti i valori di cui è portatore.
Non c’è più tempo: alle squadre e al Governo si raccomanda di creare una Autority internazionale che stabilisca un calmiere agli stipendi dei calciatori.
Per approfonfire: RESTITUIRE AL CALCIO I SUOI VALORI
http://www.laciviltacattolica.it/it/quaderni/articolo/423/restituire-al-calcio-i-suoi-valori/