La piaga della tratta delle persone. La vergogna delle società occidentali.

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Articolo pubblicato il 19 giugno 2013 da L’Osservatore Romano (p.3).

La tratta degli essere umani è una pratica purtroppo ancora molto diffusa, le stime dell’Organizzazione Internazionale per il Lavoro (OIL) calcolano circa 21 milioni di persone nel mondo coinvolte nel mercato della tratta, di queste 880.000 sono in Europa. Il traffico di persone rappresenta, insieme al traffico d’armi e di droga, il mercato più redditizio per la criminalità organizzata che ogni anno fattura circa 32 miliardi di dollari.

Spesso si riduce la tratta di esseri umani al traffico e agli interessi intorno alla prostituzione, invece, il traffico di esseri umani, include le adozioni illegali, il traffico di organi e tutti quei lavoratori umilianti o illegali nelle fabbriche, nelle aziende agricole, nelle strutture turistiche o nelle case private. È la sorte dei nuovi «vulnerabili», costretti a lavorare dietro le quinte di uno spettacolo la cui platea sembra non conoscere il loro dramma. Per il diritto internazionale lo sfruttamento, l’inganno e la vulnerabilità delle vittime sono i tre elementi essenziali per poter definire la tratta.

Ci chiediamo: come è possibile che uomini e donne possano essere venduti e coartati nelle loro libertà? Cosa possono fare le Organizzazioni internali e gli Stati per contrastare questo male sociale?

Dalla tavola rotonda organizzata dai gesuiti della Civiltà Cattolica lunedì 17 giugno, sono emerse tre linee su cui impegnarsi: contrastare i trafficanti, prevenire un fenomeno che è anzitutto culturale, proteggere le vittime. Nella sua introduzione, Pino Gulia, ha ricordato la drammatica situazione di giovani eritrei che, nel deserto del Sinai, sono le vittime di uomini senza scru-poli che li trasformano in merce «merce pregiata» per il traffico di organi se le loro famiglie non pagano alti riscatti. Oppure quello che succede nell’inferno «del corridoio della morte» in America latina, tra Colombia, Equador, Perù e Bolivia, in cui le famiglie scappano per salvare i loro bambini dal traffico degli organi.

Secondo Maria Grazia Giammarinaro, rappresentante speciale per la lotta agli esseri umani dell’Ocse, gli Stati membri, hanno il compito di attuare le cinque priorità stabilite dall’Ue: 1) Individuare, proteggere e assistere le vittime della tratta; 2) intensificare la prevenzione della tratta di esseri umani; 3) potenziare l’azione penale nei confronti di trafficanti; 4) migliorare il coordinamento e la cooperazione tra i principali soggetti interessati e la coerenza delle politiche; 5) aumentare la conoscenza delle problematiche emergenti relative a tutte le forme di tratta di esseri umani e una dare risposta efficace.
L’Italia si ritrova ad avere un’ottima legge che tuttavia è mal applicata, anzi non ha ancora recepito la direttiva 2011/36/Ue contro la tratta, il cui termine ultimo era lo scorso 6 aprile.

Papa Francesco nel suo discorso ai partecipanti della Plenaria del Pontificio Consiglio per la pastorale dei migranti ha ribadito che «la “tratta delle persone” è un’attività ignobile, una vergogna per le nostre società che si dicono civilizzate! Sfruttatori e clienti a tutti i livelli dovrebbero fare un serio esame di coscienza da-vanti a se stessi e davanti a Dio!».

A questo proposito suor Eugenia Bonetti ha ribadito la grave responsabilità, non solamente dei trafficanti, ma anche dei clienti. Per la missionaria della Consolata, responsabile nazionale dell’Usmi dell’ufficio tratta e minori, che ha sottratto dalla strada qualcosa come 6.000 ragazze, ha ribadito come la strategia vincente per il mondo cattolico sia quel-la di fare rete e di aprire le proprie case e conventi ai “maltratta-ti”. L’appello che la religiosa ha lanciato è rivolto anche alle congregazioni maschili e alle parrocchie che in questa particolare missione della Chiesa potrebbero fare di più.

Per la Chiesa è urgente fare diventare cultura condivisa i grandi bisogni delle vittime: rispetto e riconoscimento, assistenza, protezione, accesso alla giustizia e risarcimento. Secondo Christine Jeangey, incaricata dei diritti umani del Pontificio Consiglio della Giustizia e della pace, questo compito prima che giuridico è morale: «La promozione dei diritti fondamentali della persona, di ogni persona, è un compito che esige in primo luogo la conversione dei cuori».

La protezione dei diritti umani è impossibile senza uomini retti che vivano nelle loro coscienze l’appello del bene comune. Ripartiamo da qui: solo la salvezza delle piccole storie tradite e umiliate da senso alla grande storia del mondo.

Francesco Occhetta

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