Aderendo alla campagna “Uno di noi”, l’Ucsi ha pubblicato un contributo della prof.ssa Maria Grazia Marciani, Direttore della Clinica Neurologica dell’Università degli studi di Roma Tor Vergata, sia per ricostruire a livello scientifico il tema degli embrioni sia per comprendere il conflitto tra valori in questo complesso conflitto etico.
L’EMBRIONE UMANO: ESSERE UMANO “DEBOLE” DA DIFENDERE E TUTELARE
Chi è l’embrione umano?
Quando inizia il ciclo vitale di un individuo umano?
Nelle prime due settimane dalla fertilizzazione, l’embrione è “soggetto” o “oggetto”?
Sono queste alcune delle principali domande che necessitano di risposte chiare sia sul piano biologico sia su quello antropologico-etico.
L’esigenza di una definizione dello statuto biologico e ontologico dell’embrione umano si è fatta nei decenni scorsi molto pressante in seguito agli sviluppi della ricerca in alcuni campi della biomedicina. Nel 1969 Edwards e il suo gruppo dimostrarono la possibilità della fecondazione umana in vitro (FIV), (Nature, 221,1969, 632). Si trattava di questo: 18 su 56 ovociti, messi a contatto con spermatozoi, avevano raggiunto lo stadio di zigote pronucleato – embrione unicellulare – da cui inizia lo sviluppo di un nuovo soggetto umano. Dopo circa sette anni di tentativi e fallimenti, i ricercatori riuscirono a trasferire l’embrione in utero per l’impianto, lo sviluppo, la crescita e la nascita.
In un’atmosfera caratterizzata da momenti di forte tensione sul piano etico, la FIV è andata via via imponendosi come una conquista non solo sul piano scientifico, ma anche sociale. Questa conquista però provocò forti tensioni sul piano etico e molti dibattiti. Lo stesso Edwards, nel 1982, di fronte ai numerosi e gravi insuccessi della FIV, prospettò alla comunità scientifica il passaggio alla ricerca sugli embrioni umani (Human conception in vitro, Academic Press London, 1992 371) sia per la comprensione di alcuni meccanismi patogenetici di malattie ereditarie sia per motivi terapeutici.
Così, il Comitato Warnock nel 1982 affrontò il problema della FIV, dell’embrione umano e la difficile questione dell’eventuale utilizzo di embrioni umani viventi per scopi di ricerca (Editorial, Britain’s test tubes babies, Nature, 298, 1982).
La maggioranza del Comitato ritenne che “la ricerca potesse essere condotta su ogni embrione risultante dalla fertilizzazione in vitro, qualunque ne fosse la provenienza, fino al termine del quattordicesimo giorno dalla fecondazione” La liceità della sperimentazione veniva così approvata dalle due camere inglesi e convertita in legge nel 1990. La Convenzione sui Diritti Umani e la Biomedicina (Convenzione di Oviedo, adottata dai ministri del Consiglio d’Europa il 19 novembre 1996 ) all’articolo 18 c. 1 raccomandava: ”Dove la legge permette la ricerca sugli embrioni in vitro, essa dovrebbe assicurare un’adeguata “protezione dell’embrione”; e al c. 2 aggiungeva: “È proibita la produzione di embrioni umani a scopo di ricerca”.
Il problema della liceità della sperimentazione su embrioni umani viventi entro le prime due settimane sollevò sia in ambito scientifico, etico e teologico dibattiti accessi e profonde riflessioni.
All’idea predominante nel Comitato Warnock era che l’embrione, anche nelle prime due settimane, fosse da ritenere “vero soggetto umano”, ma di valore minore rispetto ai benefici attesi dal suo uso per la sperimentazione; per questo motivo fu contrapposto il concetto di pre-embrione (McLaren Prelude to Embryogenesis Tavostock Publication, London 1986), ovvero di una “massa amorfa di cellule” alla quale viene negato il titolo e quindi la dignità e i diritti di ogni soggetto umano.
Questo termine, non accolto dalla maggior parte degli embriologi, è stato utilizzato in altri contesti (scientifici, politici, sociali) per giustificare sul piano etico ciò che il termine embrione non avrebbe mai accolto. Solo una rigorosa analisi scientifica del processo di sviluppo umano dei primi 14 giorni può permettere di dare una risposta al quesito relativo all’embrione come “soggetto” o “oggetto”.
La vita biologica, per come la conosciamo attraverso il metodo scientifico, preesiste alla formazione dell’embrione. L’embrione è il risultato di complessi e noti processi biochimici che hanno luogo fra organismi vivi: l’ovulo e lo spermatozoo.
Dati importanti che contribuiscono alla riflessione sullo “stato” dell’embrione provengono dallo studio dello sviluppo dell’embrione unicellulare (one-cell embryo).
Si tratta di un processo di sviluppo caratterizzato da tre proprietà biologiche (Serra-Colombo, 1998):
1) La coordinazione: lo sviluppo embrionale è un processo dove esiste una sequenza e una interazione coordinata di attività molecolari e cellulari, sotto il controllo del nuovo genoma, che è modulato da una cascata ininterrotta di segnali trasmessi da cellula a cellula e dall’ambiente esterno e/o interno alle singole cellule”. Questa proprietà implica ed esige l’unità dell’essere in sviluppo.
2) La continuità: se consideriamo la dinamica di questo sviluppo nel tempo, appare chiaramente che procede senza interruzioni: il primo ciclo non termina al disco embrionale, né un altro inizia da quel punto in poi. Questa proprietà implica e stabilisce la unicità del nuovo essere umano.
3) La gradualità: la forma finale è raggiunta gradualmente; l’embrione umano, sin dal primo istante, presenta la cosiddetta legge ontogenetica di sviluppo: tutta la sua storia biologica, tutto ci che si formerà successivamente, è già dal primo momento presente in codice nel suo genoma. Non è quindi definibile come un essere umano in potenza: è un essere umano vero e proprio, che ha già in sé tutte le future potenzialità di sviluppo.
Quindi l’embrione fin dal primo momento della sua esistenza come “one-cell embryo” ha una sua individualità, possiede una sua legge interna di sviluppo che lo porterà, senza interruzione alcuna, ad essere un uomo completamente sviluppato.
È un reale individuo umano in sviluppo che attua la propria “costruzione”, con la stessa dignità e gli stessi diritti di ogni individuo umano già sviluppato.
L’unica, ma importante differenza, sta nell’essere un individuo umano “debole” che non può, a differenza di quelli sviluppati, esercitare i propri diritti primo tra tutti il diritto alla vita. Essendo pertanto “uno di noi” è nostro dovere, in questa fase della sua vita, difenderlo e tutelarlo ad ogni costo.
Prof.ssa Maria Grazia Marciani, Direttore della Clinica neurologica dell’Università degli studi di Roma Tor Vergata.
Anche La Civiltà Cattolica nel quaderno 3616 ha pubblicato un articolo importante sul tema. In cui si spiega il precedente: nel 1986, a seguito di un pretestuoso falso, il «neoconcepito» si vedeva negata la dignità di «essere umano» fino al 14° giorno dopo l’avvenuto concepimento. Anche la legge, in molte nazioni, si adeguò a tale impostazione degradandolo a mero «oggetto disponibile», fino al punto di concederne l’utilizzazione a fine di ricerche. Angelo Serra, gesuita, già direttore dell’Istituto di Genetica umana all’Università Cattolica del Sacro Cuore (Roma), ha dimostrato invece che nei primi 14 giorni l’embrione umano non è un «cumulo di cellule», denominato «pre-embrione»; è invece un vero «individuo» geneticamente umano, con la propria identità individuale data dal suo genoma, che lo dota del potere di autocostruirsi. Un’etica veramente umana ne impone il massimo rispetto.
Cfr. anche Angelo Serra, L’uomo embrione: il grande misconosciuto, Siena, Cantagalli, 2003, 143.
Quanto proposto nel post interroga le nostre coscienze sotto vari aspetti…….umano ,etico, e soprattutto cristiano.L’apporto della prof.Marciani da un ottimo contributo scientifico al problema.
Grazie per la menzione e il riferimento al Prof.Angelo Serra, che e’ stato paladino e promotore di questa lotta per la sperimentazione degli embrioni, anche per uso terapeutico e alla difesa e tutela della vita che non ha voce!
Sta al nostro impegno concreto non far andare perso quanto già è stato fatto! I lavori del Prof Serra sono ancora molto attuali, come cita la prof Marciani. Possiamo creare dei riferimenti perché quest’impegno non si disperda?