La consolazione. Scrive sant’Ignazio: “Quando sei consolato pensa a come ti troverai nella desolazione che in seguito verrà e accumula nuove forze per allora” (E.S., n.323).
Nella consolazione, cosa posso fare e cosa posso pensare? Anzitutto ascoltati e renditi conto che è un dono. Non si paga. Arriva. E’ una visita. Entra nella tua vita senza che tu glielo chieda. Rimani lì senza rimpiangere il passato e angosciarti per il futuro. Se la trattieni, come ogni forma di vita su cui si mette le mani e la si possiede, svanirà! Vivila come un dono di una presenza Altra che è fuori di te ma che allo stesso tempo è dentro di te. Quando sei consolato dalla Sua presenza senti nel profondo coraggio, forza, consolazioni, lacrime, ispirazioni e pace, rendendoti facili le cose e togliendoti ogni impedimento, perché tu vada avanti, poi non vantarti, pensa invece cosa fare nella desolazione che di certo seguirà.
La consolazione, e il ricordo di essa, ti servono per andare avanti anche nei momenti di oscurità. La fede stessa è ricordo di ciò che Dio ha fatto per te e per la storia degli uomini. Orientare il pensiero a questa memoria positiva che ti fa sentire vivo e in relazione, aiuterà anche il tuo inconscio a purificarsi, acquisterai forza interiore per leggere e reggere positivamente la realtà. Le promesse (in particolari quelle di Dio) che sembrano svanire acquistano senso e verità se sai fare memoria. Lui non tradisce la storia che costruisci insieme.
Attenzione, però. Non credere di essere già arrivato, rimane da fare un lungo cammino. Molte persone, o gruppi di preghiera, cristiani o di credenti di altri credo, ricercano nell’esperienza religiosa le loro sensazioni. È il fenomeno tanto di moda della fitness spirituale.
È invece nell’incertezza e nel dubbio che Dio visita la sua creature. È stato così per Tommaso, il discepolo del dubbio che è l’unico che esce a cercare il Signore per toccare le ferite vissute nella sua vita. Anche Tommaso va e viene da quella stanza, entra ed esce, libero e coraggioso. Gesù e Tommaso, loro due soli cercano. Si cercano. Fino ad incontrarsi.
Tommaso non si era accontentato delle parole degli altri dieci; non di un racconto aveva bisogno ma di un incontro con il suo Maestro. “La risurrezione non ha richiuso i fori dei chiodi, non ha rimarginato le labbra delle ferite. Perché la morte di croce non è un semplice incidente da superare. Su quella carne l’amore ha scritto il suo racconto con l’alfabeto delle ferite, indelebili ormai come l’amore stesso”.
Anche per i due di Emmaus il loro cuore è si riscaldava quando fanno memoria di quello che il Signore aveva vissuto con loro. Ecco la consolazione!
Per quelli che invece pensano di sapere tutto e predicano senza vivere, non hanno bisogno di Dio… è difficile che sentano di essere consolati anche quando lo sono.
Questo atteggiamento di sufficienza non deve mai essere il fine della preghiera. È solo un mezzo – per altro ambiguo! -, che Dio dà quando, come e se ritiene opportuno; mai può essere ricercato in sé, o addirittura preteso, e sempre verrà, prima o poi, sottratto.
Le persone che cercano consolazioni sbrigative come è stato scritto, a “somiglianza degli animali, seguono l’istinto del piacere, e non il desiderio dell’amore”.
La consolazione ti è data per caricare le batterie e accumulare energie nella tua lotta quotidiana contro il male, per amare e servire le persone che incontri.
Impadronirti di essa, senza servirtene per lodare Dio e aiutare il prossimo, è il male a cui sei più esposto, la forma egoistica più grande. È per questo che Dio concede pochi doni fin che non sei umile. Altrimenti tutto quello che ti concede lo useresti per vantarti. Allo stesso modo funziona un campo fertile.
Il male, da Adamo in poi, è impossessarsi dei doni di Dio. E pensare di vivere da padrone. Servirsi del bene per fare il male, è il peccato originale, radice di ogni altro male raccontato nella Bibbia nei racconti dell’origine del male.
Insomma il segreto di questa regola è fare come il cammello… accumulare le gioie profonde per i tempi di crisi… basterà fare memoria per sapere che non sarai schiacciato. Ma anche avere la forza di pensare ai momenti più duri e di crisi e pregare con queste famose parole:
“Tienimi per mano al tramonto,
quando la luce del giorno si spegne
e l’oscurità fa scivolare il suo drappo di stelle.
Tienila stretta quando non riesco a viverlo questo mondo imperfetto.
Tienimi per mano portami dove il tempo non esiste.
Tienila stretta nel difficile vivere.
Tienimi per mano nei giorni in cui mi sento disorientata.
Cantami la canzone delle stelle dolce cantilena di voci respirate.
Tienimi la mano, e stringila forte
prima che l’insolente fato possa portarmi via da te.
Tienimi per mano e non lasciarmi andare. Mai”.
(Herman Hesse)