Scrive sant’Ignazio di Loyola: Tre sono le cause principali per cui sei desolato. La prima è perché sei lento, pigro o negligente: è colpa tua se la consolazione spirituale si allontana da te. La seconda, perché Dio vuole dimostrarti quello che sei e quanto avanzi senza l’incentivo delle sue consolazioni. La terza, perché tu sappia per esperienza tua che non sta a te procurarti o mantenere grande devozione, amore intenso, lacrime, e qualunque altra consolazione spirituale, ma che tutto è grazia di Dio, in modo che tu non faccia il nido in casa altrui, inorgogliendoti o attribuendo a te ciò che è dono di lui (E.S., n. 322).
Nella spiritualità dei gesuiti la riflessione segue l’esperienza vissuta. È dannoso fare esperienza senza riflettere. È inutile continuare a riflettere senza vivere.
Spesso conformiamo anche l’azione ad una riflessione teorica e sterile. Per questo Ignazio scrive questa regola per aiutare chi vive “la battaglia” spirituale a riflettere in profondità sul suo vissuto per non incorrere negli antichi pericoli.
La regola parla di tre possibili frutti:
1) ripensare la propria vita;
2) vivere nella profondità la propria quotidianità;
3) affiancarsi alle persone che incontriamo con grande umiltà.
Fino ad ora la desolazione è stata definita come uno “status” che si vive. Il rimedio? Fermarsi. Quando inizia a grandinare bisogna ripararsi non affrontare qualcosa più grande di noi. Non mancano persone che continuano a camminare facendosi del male chiedendosi il perché sta grandinando o rimproverandosi di non aver preso l’ombrello.
Adesso invece Ignazio ci spiega le cause della desolazione e come interpretarla. Le cause della desolazione possono essere tre, commenta p. Fausti: “il male fatto da te, il male fatto a te, e il male che esce da me e dagli altri“.
Sono le tre parti di cui è costituito un fiore: i petali, il gambo e le radici del male. In termini spirituali Ignazio chiede che attraverso l’ascesi ci si apra alla mistica. Attraverso un equilibrato governo di sé si apra il cuore perché possa entrare e dimorare. La prima causa della desolazione è il male che faccio: invece di seguire un ordine e fare scelte sensate, rischiamo l’impossibile. Quando viviamo queste esperienze la desolazione è il dolore del distacco tuo a Lui. Di certo non il contrario, il Signore non si allontana da noi. Si sente rimorso perché ci si rende conto che il tempo passa e risalire a scelte sbagliate o disordinate ruba una grande quantità di energia psicofisiche. Ci si senti spenti, tristi, senza desideri, vuoto, angosciato, non appagato da nulla, estraneo a tutti e a tutto, anche a te stesso, proprio perché sei fatto per altro, per un Altro e non per i tuoi vizi. Renditene conto!”.
Per uscirne confessa il male che fai e senti, non giustificarti, la colpa non è di altri. Il male si vince riconoscendolo e poi facendo il bene. Fermati ad analizzare da che male devi guarire.
La seconda causa è il male che hanno fatto a te o gli altri o il dolore per il male fatto. Qui i ricordi ti possono tormentare, ti possono chiudere in te stesso e ti presentano un conto così salato che è molto più caro di quello che invece devi dare. Questo dolore purifica il tuo cuore, in fondo è il richiamo del Signore alla tua vita perchè vuole che tu ami lui, e non il tuo piacere di lui.
Afferma p. Fausti: “Desidera che tu passi dalle consolazioni di Dio al Dio delle consolazioni, dall’amore dei suoi doni all’amore per lui. Non confondere le cose di Dio, con Dio stesso. Stai libero dalle prime concentrati sulla seconda”.
Per questo momento la preghiera è come l’acqua in mezzo al deserto. Ma attento a cosa significa per te preghiera. Se è per trovare te, serve a poco, se è invece per trovare Lui per trovare te allora ti rincontrerai.
La terza causa è piuttosto l’aria malsana che respiriamo tutti: la non conoscenza di me e di Dio.
Questa desolazione è la più dura, ma anche la più benefica. La desolazione qui è come la notte, di buio fitto nello spirito. Ti senti lontano da te, dal mondo e da Dio!
Navighi a vista ma senza orizzonte e pieno di paura. Sei sgomento di non scorgere nessuna luce. Quel poco che ti è dato vedere è solo il male che ti abita dentro e affligge. Questa notte va accetta con coraggio, serve per crescere in fiducia, sapendo che tutto è dono di Dio.
La desolazione mi tiene fiducioso: mi permette di conoscere ciò che ricevo come dono (a partire del dono della vita), e Lui, che tutto dà per amore.
Se vivessi solo e sempre consolato, non capirei il dono che vivo.
L’umiltà senza fiducia è depressione, ricorda p. Fausti, “la fiducia senza umiltà è presunzione. Depressione e presunzione sono i due nemici mortali. Sono sempre insieme, anche se di solito ne vedi solo uno – quello meno forte in quel momento”.
Ma è l’umiltà della ricerca sincera a permetterci di esclamare:
“Tienimi per mano al tramonto,
quando la luce del giorno si spegne
e l’oscurità fa scivolare il suo drappo di stelle.
Tienila stretta quando non riesco a viverlo questo mondo imperfetto.
Tienimi per mano portami dove il tempo non esiste.
Tienila stretta nel difficile vivere.
Tienimi per mano nei giorni in cui mi sento disorientata.
Cantami la canzone delle stelle dolce cantilena di voci respirate.
Tienimi la mano, e stringila forte
prima che l’insolente fato possa portarmi via da te.
Tienimi per mano e non lasciarmi andare. Mai“.
(Herman Hesse)
grazie, per l’aiuto che ci date. Maria
grazie, per l’aiuto che ci date. Maria
Gentilmente gradirei la risposta in italiano poichè non conosco altre lingue Vi ringrazio.