Quando sei desolato, cerca di rafforzarti nei sentimenti contrari a quelli che senti, e pensa che presto sarai consolato (Esercizi Spirituali, n. 321).
Cosa ti capita nella desolazione? Crollano le speranze false e gli dei che stavi adorando e si purificano i veri e grande desideri di cui sei fatto.
Vieni provato a crescere nella virtù della pazienza: è la tribolazione che “produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,3-5).
È la pazienza, intesa come virtù e non come sopportazione passiva degli eventi, che permette di fare memoria di un passato ricco di bene, di “continuare non mollare” nel presente e di vedere attraverso un filo di luce il futuro.
In genere si esce sperimentando i sentimenti opposti di quelli che provi nella desolazione: se sei sfiduciato, cresci nella fiducia; se sei triste regalati momenti di allegria (un film, una cena con amici, un buon teatro, un buon libro, una passeggiata in mezzo alla natura); se ti senti irascibile fai qualcosa che ti calmi; se ti senti insicuro poni ordine e fermezza alle tue azioni, se la sensualità ti vince prova ad autocontrollarti per uscirne, ecc.
Dopo la notte arriva sempre il giorno… ma se tieni gli occhi chiusi continui a pensare che sia notte anche quando il sole risplende per la paura e la mancanza di forza! Insomma dipende da te.
Ma il veleno della desolazione può essere fermato da un antidoto. Contrastare il male nel campo in cui non può entrare: nell’amore e nella misericordiosi. Compiendo un’opera di misericordia la desolazione svanisce, esci da te, ti dimentichi, vai incontro all’altro, ritorni in te con quel pezzo di vita che hai incontrato e amato. Può essere un gesto di misericordia corporale — dare da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi, ospitare i pellegrini, visitare gli infermi, visitare i carcerati, seppellire i morti —, oppure spirituale: istruire gli ignoranti, consigliare i dubbiosi, consolare gli afflitti, correggere i peccatori, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti.
Attenzione però! Uscire dal periodo della desolazione non significa iniziare a pensare alle sue conseguenze… Farlo significa spendere un mare di energie. Chi si preoccupa del futuro, spesso non vive il presente. E’ angosciato di aver rimorsi per un passato vissuto male, atterrito per un futuro carico di imprevisti… e l’unico tempo da vivere che è il presente non lo vivi.
Le voci del male lavorano molto sulla nostra fantasia che noi confondiamo per realtà. Pensieri, incubi, reazioni inconsce ecc. E così sprechiamo le energie migliori per combattere difficoltà irreali, che non esistono ancora, e, forse, non ci saranno mai. Come è stato scritto “l’immaginazione della sofferenza futura è più dolorosa e angosciante di qualunque dolore presente, al punto che arrivi a farti del male reale per non sentire quello immaginario”. Si rischia così di vivere combattendo battaglie con nemici che non esistono ma sono la proiezioni mie nella scena della vita.
Occorre invece scegliere per farsi portare dalla forza della vita, altrimenti il rischio è quello descritto dal racconto dei medievali sull’asino di Buridano che, indeciso verso quale balla di fieno andare, morì di fame.
Puoi sempre e solo portare quel carico che c’è qui e ora. A me è capitato di accompagnare situazioni umane o famiglie con figli ammalati o fortemente invalidi. Costatavo che nei genitori viene data una forza per poter continuare a portare avanti una situazione dura che sembra un’impresa impossibile. È la forza di Dio nella desolazione.
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