La Sesta Opera San Fedele – tra più antiche associazioni di assistenza carceraria operanti in Italia – compie quest’anno 90 anni. E’ tra i primi gruppi di volontariato ad essere entrato nelle carceri italiane per servire i carcerati. Riporto qui parte di un articolo che avevo pubblicato su Aggiornamenti Sociali per ribadire lo spirito e il significato del volontariato carcerario e la storia di questa grande associazione.
Segnalo anche la rivista Dignitas percorsi di giustizia e di carcere e il convegno dello scorso 23 novembre di cui allego il link degli interventi.
La sua origine ci riporta alla Milano del 1923, fra le tensioni di una società che, superato lo spartiacque della Grande Guerra, si trovava nella crisi drammatica dell’Italia liberale ormai in crisi irrimediabile per il pieno dispiegarsi del regime fascista.
Le radici remote della Sesta Opera affondano nel terreno della spiritualità ignaziana. La decisione di un gruppo di liberi professionisti milanesi di impegnarsi nel servizio fra i detenuti per adempiere alla sesta opera di carità:
«Ero carcerato e siete venuti a trovarmi» (Mt 25,36), scaturì proprio da un ciclo di esercizi spirituali tenuti dal p. Carlo Beretta S.I. direttore della allora Congregazione Mariana milanese (oggi CVX – Comunità di vita cristiana).
Inizialmente all’opera era permesso solo di svolgere colloqui con i reclusi sia maggiorenni sia minorenni e di gestire due scuole, una per gli analfabeti e l’altra per i minorenni.
Da allora sia la realtà del volontariato carcerario sia la legislazione in materia si sono molto evolute. Attualmente in Italia ci sono circa 6.500 volontari carcerari attivi in 351 organizzazioni che garantiscono 21.500 ore di impegno ogni settimana nei 206 Istituti penitenziari del Paese.
Ancora oggi l’esperienza pionieristica della Sesta Opera San Fedele rimane un punto di riferimento significativo nel mondo carcerario, nel quale pro- segue lo stesso servizio che aveva già superato il mezzo secolo di vita quando la legge di riforma penitenziaria del 1975 assegnava al volontariato la promozione dello «sviluppo dei contatti fra la comunità carceraria e la società libera».
Ripercorrere quindi alcuni tratti significativi della sua storia, spiegare le attività che svolge negli Istituti penitenziari dell’area milanese: San Vittore, Bollate e Opera, e delineare i progetti futuri finalizzati ad approfondire la dimensione della cultura della giustizia e del carcere ci sembra il modo più efficace per presentare l’impegno della Sesta Opera nei suoi quasi 80 anni di vita.
1. Gli sviluppi della Sesta Opera San Fedele
Il servizio prestato nei primi anni dell’attività venne svolto in condizioni sociali e culturali difficili. Malgrado il Regio Decreto n. 787/1931 — primo vero regolamento penitenziario — riconoscesse lo Stato come unico soggetto preposto all’esecuzione penitenziaria e al reinserimento dei detenuti, ignorando così il servizio dei volontari, il gruppo divenne in pochi anni un interlocutore attivo e credibile dell’Amministrazione carceraria.
Il gruppo, grazie alla collaborazione con la Direzione del carcere, conseguì nel 1930 alcune importanti conquiste sociali ed umane, ottenendo che per al- cune attività rieducative i detenuti minorenni venissero separati dagli adulti e che gli ex-detenuti fossero concretamente aiutati nel loro difficile reinserimento nella società. L’assistenza post-carceraria del gruppo, approvata dalla Procura, realizzò: un laboratorio presso un’azienda metalmeccanica, nel quale venivano accolti gli ex-detenuti, desiderosi di lavorare, ma che si scontravano con l’insormontabile diffidenza dei datori di lavoro; un centro di accoglienza per coloro che non avevano famiglia.
Nel 1938 i volontari regalarono al carcere di San Vittore l’impianto radiofonico che resisterà fino al 1987, quando fu ammodernato ancora con il contributo della Sesta Opera.
L’attività del gruppo venne temporaneamente sospesa nel 1942 a causa della guerra e ripresa nel 1946 con il nome: «Patronato di Assistenza Carceraria e Post Carceraria». Nello stesso anno, su invito del direttore di San Vittore, i volontari ricostruirono il Centro Clinico offrendo le attrezzature radiologiche e odontoiatriche; mentre due anni dopo, nel 1948, iniziarono anche il servizio nel carcere militare di Peschiera, protrattosi fino al 1970.
Dal ’50 al ’60 del secolo scorso il gruppo scelse di testimoniare pubblicamente il proprio impegno. Alcuni volontari offrirono gratuitamente consulenze legali e mediche alle famiglie dei detenuti più bisognosi o ai detenuti poveri privi di difesa. Altri volontari iniziarono a sensibilizzare la società sul problema carcerario attraverso conferenze e testimonianze. Ma questo periodo fu anche il più delicato per la vita dell’Associazione e più in generale per il volontariato carcerario. Alcuni progetti di legge, infatti, prevedevano di sopprimere il volontariato per affidare l’assistenza esclusivamente agli operatori sociali e agli educatori. Il gruppo di volontari, preoccupato per questi orientamenti, si costituì giuridicamente in Associazione per poter far sentire in tal modo più efficacemente la propria voce. Fu così che il 30 novembre 1963, con il contributo del p. Sergio Masetto S.I., l’Associazione formalizzò la sua rinnovata identità assumendo la denominazione «Sesta Opera San Fedele». In quell’occasione vennero anche ridefinite, attingendo alla ricca eredità di esperienza accumulata, le attività che ancora oggi caratterizzano l’Associazione:
a) visitare e assistere i detenuti; assistere le loro famiglie; svolgere azione particolare di sostegno al termine della pena;
b) stabilire il collegamento e il coordinamento con Enti e Associazioni, pubbliche o private, aventi per scopo la assistenza carceraria e post-carceraria;
c) collaborare con gli organi statali, centrali e periferici; con i cappellani e con l’ispettorato dei cappellani;
d) studiare i problemi riguardanti la assistenza carceraria e post-carcera- ria, allo scopo di contribuire al miglioramento della legislazione in materia;
e) svolgere attività informativa per attenuare nella opinione pubblica i pregiudizi verso gli ex-detenuti, creando un clima di maggiore sensibilità per i loro problemi.
Con l’ampliarsi dell’impegno nel carcere milanese, l’Associazione si pro- pose sempre più come prezioso punto di riferimento per il mondo cattolico. Fu infatti su impulso della Sesta Opera che nel 1968 la Azione Cattolica Italiana si fece promotrice del coordinamento degli enti e dei singoli volontari impegnati nell’assistenza carceraria, costituendo un Segretariato Enti Assistenza Carceraria (SEAC). Tra le maggiori conquiste raggiunte c’è la sollecitazione rivolta al legislatore perché nel nuovo Regolamento Penitenziario (del 1975) fosse riconosciuto il ruolo insostituibile del volontariato nella rieducazione del detenuto. Lo sforzo produsse la stesura degli articoli 17, 45, 46 e 78, in forza dei quali gli assistenti volontari furono formalmente riconosciuti per legge. Negli anni ’70 la Sesta Opera fu particolarmente impegnata nell’emergenza terrorismo. Fu la stessa Direzione di San Vittore a chiedere ad alcuni volontari un intervento focalizzato sui problemi specifici di trattamento dei terroristi. Una grande assunzione di responsabilità, da parte dei volontari: fra i loro compiti primari verso i protagonisti degli anni di piombo, c’era quello di promuovere attraverso i rapporti umani un nuovo atteggiamento di fiducia verso le istituzioni democratiche. Si trattò di un intervento fecondo, i cui positivi risultati vennero riconosciuti dagli stessi detenuti, tanto che brigatisti e detenuti comuni invitarono la Direzione a rivolgersi alla Sesta Opera perché potesse gestire con loro l’amministrazione dei laboratori di serigrafia, pelletteria, falegnameria e la redazione del giornale Senza titolo.
Sullo slancio di quella fiducia reciproca che univa Direzione, volontari della Sesta Opera e detenuti, oltre all’acquisto dei materiali necessari e di alcune macchine nacque anche l’idea di creare all’esterno del carcere un laboratorio di pelletteria per dare ai detenuti in uscita la possibilità di un lavoro. In questa linea di intervento fu fondata dalla Sesta Opera anche la cooperativa Tiremm Innanz per la lavorazione di pelletteria, ceduta poi nel 1992 agli stessi ex-detenuti ormai autosufficienti.
2. La Sesta Opera San Fedele e la spiritualità ignaziana: un legame strutturante
L’impegno e la ispirazione civile di un sodalizio che ha scelto il servizio nel carcere — cioè nell’area dell’estrema esclusione che è quasi uno spaccato di tutti i mali individuali e sociali del tempo — si sono incontrati con il rinnovato impegnodella Compagnia di Gesù per la promozione della giustizia sociale fondata sulla centralità dell’uomo: «La missione della Compagnia oggi è il servizio della fede, di cui la promozione della giustizia costituisce un’esigenza assoluta, in quanto fa parte di quella riconciliazione tra gli uomini richiesta dalla loro riconciliazione con Dio, che è scelta decisiva della Compagnia». Queste parole di p. Bartolomeo Sorge tratte dalla presentazione del sito della Sesta Opera colgono pienamente la ricchezza delle passioni evangelica e civile che fa della Sesta Opera un terreno assai fecondo di lavoro, condiviso da uomini e donne con ispirazioni, esperienze e orientamenti talora diversi, ma la cui diversità si compone sem-pre nel fraterno servizio per la giustizia, dimensione in sé inconciliabile con qualsiasi forma di esclusione sociale che mortifica il valore della persona umana.
In particolare negli anni ’70, se da un lato il servizio carcerario della Sesta Opera si arricchì nello spirito di forte impegno civile, riconosciuto dalla nuova legge di riforma, dall’altra poté attingere alla corrente di rinnovamento che percorreva la Compagnia di Gesù nel pieno del suo aggiornamento post-conciliare Riferimento particolarmente fecondo fu il Decreto 4 della Congregazione Generale 32a del 1974, che indicava il servizio della fede e la promozione della giustizia quale impegno costitutivo della Compagnia.
La radice originaria della Sesta Opera ne è stata rivitalizzata, e la sua attività ha potuto affrontare e superare un altro quarto di secolo di servizio nelle carceri. Oggi, di fronte a sfide inedite che richiedono nuove aperture culturali e nuovi strumenti di intervento, l’Associazione trova il proprio radicamento ideale e gli stimoli più fecondi nel Decreto 3 della Congregazione Generale 34a del 1995, La nostra missione e la giustizia.
Compiti che sollecitano l’Associazione a un servizio necessariamente nelle dimensioni del dentro e del fuori: «dentro» il carcere occorre costruire speranze e prospettive per il «dopo e fuori», dove è decisivo il lavoro di prevenzione e di contrasto dei meccanismi che generano alte percentuali di recidività affrontando i problemi del reinserimento a partire dal lavoro e dalla casa. Su questo terreno la Sesta Opera è attiva con il Centro d’ascolto, tre appartamenti, una rete di contatti il cui sviluppo sarà tra gli impegni dei prossimi anni, tra i quali il sito web, le attività di formazione, la ripresa dell’attività editoriale già in calendario.
3. Identità e servizio della Sesta Opera San Fedele oggi
Oggi la Sesta Opera vive con consapevolezza le sfide del terzo millennio (globalizzazione, immigrazione, nuove povertà, nuove forme di esclusione, carcere come discarica sociale, ecc.) rispondendo nello spirito delle precedenti generazioni di volontari, con la certezza di continuare a vivere un tempo propizio di servizio. Su queste basi si fondano le nuove sfide e l’identità dei soci della Associazione.
Fonte: Aggiornamenti Sociali 05 [2002] 421-430.
Atti del convegno che ha celebrato il 90 anno di vita della Sesta Opera. Le relazioni sono tutte molto interessanti: